di G.G. #Lopinione twitter@gaiaitaliacomlo #Politica
Eccoli i delusi dal M5S, quelli che presi dalla disperazione del vedere il loro disegno – quale? – fallire miseramente (come merita), attanagliati dallo sconforto scelgono di andare a destra. E quale partito scelgono? Quello più moderato dell’Uomo di Arcore che si ricandida in Europa per “responsabilità” [sic]? No. Scelgono la destra inconcludente ed erede sulla carta di Alleanza Nazionale; scelgono Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia; scelgono quella destra intollerante alla quale in fondo appartenevano da sempre. Basti vedere chi sono i fondatori e chi è l’attuale capetto politico del Movimento.
E sproloquiano, come fanno da sempre, sulla parola cambiamento. In nessun altro paese si utilizza tanto a sroposito la parola “cambiamento” che, solo in Italia, assume significati di restaurazione e peggioramento certo delle condizioni precedenti all’insediamento delle cosiddette forze di cambiamento.
In tutta questa storia non c’è certo rimpianto da parte nostra. C’è soltanto l’osservazione che da Firenze sembra partire quella disgregazione del M5S che vede in fuga verso destra e verso sinistra i suoi esponenti disposti a tutto, proprio come prima, pur di accaparrarsi una poltrona in nome, naturalmente, del cambiamento. Pochi sono i commenti possibili. E tutti superflui.
Tuttavia non costa nulla dire, né costerebbe tacerlo, che la diaspora pentastellata che vede i suoi ex-esponenti sparpagliarsi tra destra e sinistra, contribuirà ulteriormente all’abbassamento del livello della classe politica dello stivale del quale non si sentiva certo la mancanza. Vero è che al peggio non c’è mai fine, ma trovarsi a dover rimpiangere il livello culturale e politico dei componenti il pentapartito di Craxi-Andreotti-Forlani è davvero troppo.
(17 gennaio 2019)
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