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#Venezia75 in concorso Mario Martone con “Capri-Revolution”

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di Emilio Campanella #Venezia75 twitter@gaiaitaliacom #Cinema

 

 

Capri 1914, Lucia (l’intensissima Marianna Fontana) vive in famiglia poverissima, guarda le capre, ha due fratelli, una madre bella come lei, un padre morente a causa del lavoro in fabbrica. Nonostante le cure del giovane medico condotto (Antonio Folletto), i polmoni del pover’uomo sono irrimediabilmente compromessi. Durante le sue peregrinazioni con gli animali, Lucia scopre un gruppo di persone nude che fanno il saluto al sole, su una scogliera più in basso. Un po’ intimorita, un po’ indispettita, un po’ interessata, la ragazza ch’è curiosa perché intelligente, li osserverà sempre più da vicino rimanendo coinvolta da questa comunità di stranieri che si riuniscono intorno ad un pittore libertario, vegetariano, naturista, pacifista, condividendone le idee.

Il confronto con il suo mondo rurale arcaico è molto forte, ma la fascinazione del modo di rapportarsi fra di loro ed il rispetto della della natura, di quelle persone, la coinvolge gradualmente. Molto cerca di capire, entra i confidenza con loro, e con alcuni in particolare, come il giovanotto che le insegna a leggere e scrivere, il quale, essendo ticinese parla bene l’italiano.

La vicenda prende ispirazione dall’esperienza realmente prodottasi della comune del pittore tedesco Diefenbach (sue tele sono conservate nella Certosa di Capri), molto vicina a quella teosofica svizzera di Monte Verità ad Ascona.

Il contrasto con la famiglia è sempre più forte e la rottura, insanabile. Lucia è un donna libera che rifiuta il matrimonio con un ricco energumeno. Legge, studia, si pone domande, si confronta. Sempre sanguigna, viscerale, passionale, si evolve, pone domande, se le pone; mette in discussione ciò che non la convince, ma altrettanto riflette e mette a fuoco sempre meglio le sue idee, i suoi punti di vista. Il film che si muove su più registri anche estetici, sempre accuratissimi, ha dalla sua, una stupenda fotografia che fa tesoro dell’esperienza pittorica precedente e coeva all’azione. All’inizio Lucia fa pensare alla Figlia di Jorio di Michetti. I paesaggi impervi, a De Nittisi, e poi i Simbolisti, i Divisionisti, i Macchiaioli, sino ai Preraffaelliti, nei volti, negli abiti, negli atteggiamenti. La protagonista che legge seduta su una panca di pietra con alle spalle una fuga di archi e di spazi, è un omaggio a sir Alma Tadema. Il suo abito rosso scuro scollato e sbracciato, per quanto corretto, è simbolo della sua ribellione. Dopo gli scontri con il medico interventista, per quanto libertario e con simpatie socialiste, cercherà di salutare i fratelli che partono per il fronte, perché intanto l’Italia è entrata in guerra, ma verrà scacciata in malo modo.

E’ una specie di reietta in paese, e vive quasi sempre con i suoi nuovi amici. Siccome è molto in gamba, nel frattempo ha imparato abbastanza anche l’inglese. In sottofinale il bellissimo incontro con la madre e la sua totale ammirazione ed adesione per le scelte dalla ragazza. Una nave parte e Lucia è a bordo, potrebbe andare solo a Napoli, ma non credo, il bastimento è abbastanza grande e pieno di quelli che possiamo riconoscere come emigranti. Possiamo pensare che la destinazione sia il Nuovo Mondo.

Film complesso e sfaccettato cui, forse gioverebbe qualche limata qua e là. Le belle coreografie di Raffaella Giordano sono ispirate alla danza libera. Belle le musiche di Sascha Ring. Un appunto: quando i componenti, ed anche il pittore (il credibile Reinout Scholten van Aschat) eseguono queste musiche, risultano troppo minimaliste, diverso quando si tratta della colonna sonora. Più adatto sarebbe stato, trovare uno stile che riprendesse l’impressionismo musicale.

 





 

(7 settembre 2018)

©gaiaitalia.com 2018 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 




 

 

 

 

 

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