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Svegliarsi e scoprire che Massimo D’Alema potrebbe ricandidarsi non ha prezzo

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foto: ANSA/ANGELO CARCONI

di Il Capo

 

 

 

 

 

Massimo D’Alema, un uomo una sconfitta, potrebbe decidere di candidarsi se glielo chiedessero. Capirete che risvegliarsi il mattino del sesto giorno con una notizia simile non ha prezzo. Ora si tratterà di dare un senso alla mia inutile giornata, io che non posso fregiarmi del titolo “Mi candido se me lo chiedono”.

Dire che i giochi erano fatti da assai prima del referendum del dicembre 2016 è cadere nella banalità: tutto ciò che sta accadendo in Mdp-Articolo 1, all’interno del PD con l’orrenda corrente del Ministro della Giustizia, incapace anche di riforme decenti, e con i tiramolla del pugliese Emiliano, servivano soltanto ad arrivare all’annuncio di Messer D’Alema che torna in politica, per la gioia degli Italiani, dopo essersi inventato che dalla politica era uscito. Tornerà da vincitore, leader di una sinistra che arriverebbe al 16% se a guidarla fosse Roberto Saviano, lo ha detto il giornale di Travaglio, dev’esser Verità, e che con la sua guida – la guida di D’Alema – arriverebbe “alla soglia del 5%”. Un trionfo annunciato, diciamo…

Prepariamoci quindi, Italiani tutti, ad essere testimoni del nuovo miracolo italiano nel segno di Massimo D’Alema, che porterà la sua sinistra che era già di destra nel 1968, ad un nuovo inciucio con Berlusconi – perché sono loro quelli che hanno governato con il nano di Arcore, D’Alema e i suoi – lasciando a Bersani l’illusione di esser stato uno che con il M5S ha lasciato la porta aperta, e non c’ha invece rimesso la faccia presa a calci da due lillipuziani della politica come Crimi e Lombardi.

Avanti miei Prodi con le liete novelle di Massimo D’Alema e di Articolo1 – Mdp! Loro sono la nuova politica italiana, sono i nuovi salvatori del Paese. Questa è la loro missione. Seguite tutti il condottiero D’Alema che, se glielo chiedessero, è pronto a ricandidarsi.

Lo fa per amore della politica, non perché dopo avere provocato la scissione del PD lo stanno scaricando tutti: a questo proposito scrive La Stampa che “Massimo D’Alema, che in Italia ha sostenuto la scissione dal Pd, non può più essere il presidente della Feps, la Foundation for European Progressive Studies. Firmato, sette fondazioni europee di primo piano. Il preavviso di licenziamento del nostro ex premier è stato recapitato via lettera nei giorni scorsi a tutti i vertici dell’organizzazione che, a Bruxelles, riunisce le fondazioni vicine ai partiti socialisti europei”…

Del resto, all’amore per l’Italia non si comanda. Lo diceva anche mio zio d’America che – a giorni alterni – moriva di nostalgia ma, chissà perché, in Italia non è più tornato.

 

 

(17 giugno 2017)





 

 

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