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PD, gli orlandiani furiosi contro i “voucher” che però non sono “voucher”: il grillismo è contagioso

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di Giancarlo Grassi

 

 

 

 

Orlando e gli orlandiani che sarebbero stati fedeli a Renzi dopo le primarie, hanno reso noto da poche ore di essere un “movimento” autonomo all’interno del PD, o almeno di volersi comportare come se lo fossero. Gli orlandiani si sono infatti astenuti sulla questione che viene detta “dei voucher”, che poi voucher non sono, in Commissione Bilancio alla Camera, dove la misura è stata votata dal PD, insieme a Forza Italia e Lega. Così Andrea Orlando potrà dire che Matteo Renzi è un uomo di destra e sentirsi estraneo ad un governo che lo vede Ministro che spara bordate contro il partito di maggioranza, come leader della minoranza del partito che è espressione della maggioranza di governo, e che lui rappresenta come Ministro del governo del partito di maggioranza all’interno del quale è minoranza.

Pausa.

La questione dirimente la spiega bene Angela Finocchiaro, ministra per i Rapporti con il Parlamento che spiega: “I voucher sono stati cancellati con un decreto-legge di questo governo e non torneranno. Chi sostiene il contrario, non dice la verità. Con la conseguenza aggravante a suo carico di voler lasciare nell’illegalità quelle tante piccole prestazioni di lavoro occasionale di modesta entità economica, che oggi non trovano alcuna tutela nel nostro ordinamento. Governo e Pd – non tutto, perché c’è evidentemente chi preferisce il lavoro nero – vogliono regolare i lavori occasionali tutelando i soggetti coinvolti”.

Susanna Camusso, leader della CGIL a maggioranza leghista, è il sindacato che i voucher non li ha mai usati – è noto a tutti no? – ha detto che si rivolgerà alla Corte Costituzionale per un ricorso perché ritiene che si sia “impedito ai cittadini di votare”. La segretaria che non ha mai detto una parola sulla questione CGIL/voucher, vuole in questo modo tornare al referendum-farsa promosso proprio dalla CGIL per opporsi ed affondare definitivamente, subito dopo la vittoria del “No” alla riforma costituzionale, l’ex premier Renzi che – la politica è una gran troia – le ha impedito di autoeleggersi paladina dei lavoratori, che sarebbe stato poco di più di una barzelletta già sentita.

Le acrobazie di Mdp e dei suoi fans interni al PD, rimasti per tentare di rovesciare in ogni modo Matteo Renzi nonostante il 70% di voti ricevuti da quest’ultimo alle recentissimi primarie, provocano invece la secca dichiarazione di Rosato, capogruppo PD alla Camera: “Mi auguro che al Senato Mdp mantenga fede agli impegni che ha assunto anche davanti ai suoi elettori dicendo che avrebbe sostenuto con lealtà il governo. Dopodiché ognuno si assumerà la propria responsabilità”. Scrive Repubblica che Rosato, a proposito di possibili larghe intese al Senato, ha scartato recisamente l’ipotesi: “C’è la Costituzione che prevede cosa succede nel caso non ci siano i numeri. Mdp è nata dicendo che doveva sostenere in maniera più forte questo governo. Poi il 40% delle volte ha votato contro il governo su tutti i temi dal decreto Errani sul terremoto alla politica estera. Stanno continuando semplicemente a fare quello che volevano fare: destabilizzare questa maggioranza e puntare a fare una piccola quota di proporzionale per tornare qui la prossima legislatura”. Ecco in poche frasi la pasta della quale sono fatte le promesse di D’Alema e Bersani, non molto lontane dai sì, forse, può darsi, siamo d’accordo, ma anche contro o siamo dentro ma anche fuori che è la cifra politica del grillismo. Lo streaming del 2013 li ha irrimediabilmente contagiati.

 

 

 

 (27 maggio 2017)

 




 

 

 

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