di Giovanna Di Rosa
Era evidente che Luigino Di Maio, il “populista di destra” preso a sberle dai ricercatori americani nel recente viaggio in USA dove l’ex steward vaneggiava di incontri con Donald Trump, avrebbe cercato di ricostruirsi una faccia decente al suo ritorno in Italia. L’impresa non gli è riuscita nemmeno con l’intervista grondante piaggeria riservatagli dal quotidiano La Stampa lo scorso 5 maggio. E’ un intervista a tutto campo dove Di Maio spazia dall’Isis alla Libia passando per Cuba e Venezuela dimostrando, come se ci fosse ancora bisogno di dimostrarle, la sua ignoranza, incapacità, incultura e pressapochismo. Che in politica sono più pericolose di un serpente a sonagli sotto le lenzuola.
Luigi Di Maio non fa proposte e non ha nulla da dire, così parla per slogan e dice “sì” a questo e “no” a quest’altro, anche se poi articola tutta una serie di frasi per nascondere il vuoto pneumatico del quale è portatore, che sembrano avere un senso. L’intervista regala quindi un paio di perle indimenticabili.
La prima riguarda la questione della Libia rispetto alla quale Di Maio propone una conferenza di pace mediata da Venezuela e Cuba, cioè dall’impresa privata Castro & Family che spreme le mammelle di Cuba e da Nicolas Maduro che di Cuba è emissario in Venezuela e che ha devastato il paese. Sullo sfondo il gruppo Alba (l’alleanza bolivariana voluta dallo scomparso Chavez) che tanto sembra piacere al buon Di Maio che, a seconda della convenienza, è comunista convinto, filoleghista, “populista di destra”, o imitazione di un leaderino intollerante e xenofobo.
L’intervista a La Stampa è esplicativa in tal senso: ad ogni risposta corrisponde uno dei tanti profili politici che Di Maio-Zelig utilizza per essere tutto: quindi, niente. Secondo lui, grande statista, i paesi occidentali non sono credibili nella soluzione della crisi libica perché “hanno interessi petroliferi” in Libia; quindi parlando come solo i grandi [sic] sanno fare, sferza Sarraj definito come un “soggetto che purtroppo al massimo controlla un tratto di costa”. Un po’ lo specchio di Di Maio, che nemmeno controlla ciò che dice perché manovrato dal Sacro Blog. Ci si meraviglia sempre degli altri.
Poi, dato che dopo essere stato comunista filo-bolivariano incensando Cuba e Venezuela, Di Maio deve fare contenti i fascistelli pro-Putin così si esprime sulle sanzioni che “hanno danneggiato le imprese italiane”. Lo grida Salvini da anni e lo grida meglio. Va ricordato che Di Maio pro-Putin non ha detto una parola sugli ultimi arresti voluti del dittatore russo. L’importante è straparlare di sanzioni e censurare gli abusi sui diritti e le libertà personali.
Poi continua con la farsa del referendum sull’euro, referendum che non è possibile organizzare, perché le bufale vanno raccontate in mondovisione in modo che diventino realtà: lo insegnava anche Goebbels, e annuncia che il M5S non vuole “uscire dall’UE, ma riformarla” – è la barzelletta della settimana – arrivando anche in questo caso secondo dopo Renzi e dimenticandosi colpevolmente che a Bruxelles il M5S siede insieme ai gruppi antieuropeisti che dell’Europa vogliono fare polpette. Bravo Luigino.
(7 maggio 2017)
©gaiaitalia.com 2017 – diritti riservati, riproduzione vietata