di Monica Maggi twitter@libraiapertutti
Ve lo ricordate “Indovina chi?”, e i pomeriggi interminabili a giocare con quelle caselline che si alzavano-si abbassavano e che dovevamo confrontare con la figurina che avevamo estratto casualmente? Certo che ve lo ricordate. Era un modo per aguzzare l’osservazione, e così eravamo passati dal Memory di fiori e piante a quello delle somiglianze facciali. Non avevamo altro fine, se non quello di passare il tempo.
E se poi avevamo incontrato qulche bel figo o bella pulzella e non sapevamo come rintracciarla (ma qui si parla di qualche annetto in più, momento in cui gli ormoni cominciano a bombardare senza pietà), dovevamo solo appellarci o alla botta di fortuna di rincontrarlo/a sull’autobus, o agli incroci di amicizie trasversali che ce lo/a riportavano nei paraggi. Stop. Nient’altro.
Oggi no, oggi loro, quelli che vogliono rimorchiare (ma non solo, e qui viene il preoccupante) hanno FindFace, un’app sviluppata da una società russa e che per ora funziona solo con le fotografie caricate su Vkontakte, il “Facebook” di casa loro. Per ora….ma si vocifera che potrebbe essere anche acquistata per indagini, investigazioni, recupero di individui ricercati. FindFace è stata presentata due mesi fa ed è già stata usata da 500mila persone, per un totale di tre milioni di ricerche, con un’affidabilità del 70 per cento.
Chi ha avuto questa idea geniale? Due under 30, Artem Kukharenko (26 anni) e Alexander Kabarov (29 anni). E come funziona? Semplicissimo: basta fotografare un volto interessante incontrato per caso e lo si cerca con questa app. al 70 per cento sapremo chi è, dove abita, come rintracciarlo.
A pensarci bene questa app, come per tutte le cose nuove (vedi editoriale precedente, sulle Unioni Civili) può avere risvolti doppi. Si potranno rintracciare persone dalla semplice fotografia scattata dovunque: manifestazione, strada, dintorni di un attentato ma anche feste, mezzi di trasporto, supermercati. Con le ripercussioni che potete immaginare.
Io, che sono ex libraia e malata di lettura, la userei per vedere chi acquista un Fabio Volo o un Bruno Vespa, ma si potrebbe usare anche appostati all’uscita dei bagni pubblici per beccare chi non ha alzato la tavoletta, o per togliermi lo sfizio di sapere chi acquista improbabili completini leopardati con tanga maschili proboscidati, o ancora rintracciare chi butta la carta in terra fregandosene di tutto e tutti.
Henri Cartier-Bresson, fotografo indimenticabile, diceva che “Una fotografia non è né catturata né presa con la forza. Essa si offre. È la foto che ti cattura”. I due ragazzi russi lo hanno preso, evidentemente, davvero alla lettera.
(26 maggio 2016)
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