di Daniele Santi
C’era da piangere l’altra sera scorrendo le pagine di un social dove un improvvido conoscitore dei testi sacri, grazie ad un 30 e lode in storia delle religioni, citava versetti, passi, dava riferimenti numerici, mentre altri come lui, anzi più esperti di lui che tutti sui social son più esperti degli altri (ignoranti come capre, incolti, beceri come cimici, puzzolenti nella loro idiozia) si scagliavano contro le sue affermazioni in una lotta da barbari esattamente uguale, nelle dinamiche che la muovevano, alla pulsione che spinge un terrorista a farsi saltare in aria in un mercato per annientare gli altri in nome di ciò che crede di pensare.
Così vanno i finti buonisti: quelli che scelgono i social per imporre il disgraziatissimo nulla di cui sono portatori. Così vanno i dementi che in nome della loro inutile opinione discutono di pace (scannandosi!?!); cercano di imporsi per il nulla che sono su un mezzo che li riscatti dal loro quotidiano da due scudi bucati, che non sono in grado di contestualizzare nulla di ciò che leggono e in modo del tutto arbitrario, personale ed integralista, proprio come coloro che condannano, citano frasi e versetti e passi senza minimamente preoccuparsi del contesto storico del tempo, degli usi e cultura di popolazioni e tribù del tempo, delle ragioni per cui certe cose venivano scritte in un modo piuttosto che in un altro.
Così vanno gli ottusi: creano guerriglie virtuali (per nulla diverse da quelle purtroppo reali che condannano, dal momento che l’intolleranza di base è la stessa) per imporre una idea. La loro. Si sono mai chiesti quanto siano in realtà molto più simili di quanto credono a coloro che citando stupidamente parole che non comprendono, vogliono condannare?
(20 novembre 2015)
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