di Daniele Santi
E’ bello [sic] svegliarsi con storie di ordinaria idiozia, detta anche omofobia, detta anche odio, detta anche razzismo. Poi però bisogna raccontarle, divulgarle, farle conoscere, perché l’imbecillità umana va fatta conoscere, bisogna esporla al pubblico ludibrio (che di quell’imbecillità si nutre), bisogna porsi domande. E sperare che altri se le pongano.
L’associazione Renzo e Lucio racconta sulla sua pagina Facebook un episodio che ha come protagonista un ragazzo di 16 anni, gay, che frequenta una scuola cattolica (lui è ortodosso) e che viene vessato dai pretonzoli che governano la scuola che ha scelto (o è stato costretto) a frequentare che lo lasciano fuori dalla classe e gli impediscono di seguire le lezioni. La madre è furiosa e si scaglia contro la dirigenza scolastica; questi ultimi rispondono che il giovine è stato fotografato esponeva le sue nudità insieme ad altro giovine cosa che i preti proprio non possono sopportare, essendo troppi di loro (anche se fossero due sarebbero troppi) abituati a fare la stessa cosa, troppo spesso con bambini, nel buio delle loro canoniche e dei loro cuori. La domanda è: sapendo a cosa sarebbe andato incontro, perché al ragazzino 16enne gay è stata fatta frequentare quella scuola?
Manuela Benelli è stata una delle più grandi giocatrici della storia della pallavolo d’Italia: undici scudetti (consecutivi!), sei Coppe Italia, un Mondiale per Club, due Coppe per Campioni, innumerevoli presenze in nazionale. Ora Manuela Benelli fa l’allenatrice, oltre ad avere fondato una scuola per palleggiatrici e palleggiatori, la ASD Volley Academy Manù Benelli, unica in Europa. Benelli ha denunciato nei giorni scorsi di (fonte gay.it) il contratto da tecnica che anche lei aveva firmato per continuare la sua carriera. Non lo aveva mai detto pubblicamente e finalmente l’altro ieri lo ha fatto: “C’era scritto che se avessi dato fastidio a una delle mie giocatrici, sarei stata allontanata». “Mentre ai dirigenti ed agli allenatori che ci provano – commenta sconsolata Manuela – gli si dà pure una pacca sulla spalla. Non ho mai fatto niente del genere, ma secondo voi nel contratto di un uomo c’è mai stato qualcosa di simile?”. La domanda è perché mai l’abbia firmato e non abbia denunciato prima, ma si rispettano sempre le scelte degli altri, per sbagliate che ci appaiano.
In chiusura di sì poco rispettoso pezzo sulle scelte altrui, perché non si sceglie mai di denunciare ciò che accade nel momento stesso in cui accade, cedendo sempre al ricatto del “se denuncio poi perdo la possibilità di fare ciò che sto facendo?”, perché pur sapendo che in un determinato luogo (scuola cattolica, ad esempio) si avranno problemi, proprio lì si va a finire sopportando ogni possibile vessazione?
(29 settembre 2015)
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