di Giancarlo Grassi
Scrivevamo qualche settimana fa a proposito di Tsipras che non ci sono più i comunisti di una volta, ci sono quelli attuali. Quelli di oggi. Che di fronte alle responsabilità scappano a gambe levate. Tsipras in Grecia, Vendola in Italia. A loro importa il partito. Non il governo. Importa il prestigio dentro il manipolo di fratelli. Non il paese. Ma anche quando se ne vanno fanno le cose in grande quelli come Tsipras. Messaggio alla nazione in diretta tv, dimissioni e poi subito a formare un governo di transizione che porti il paese alle elezioni previste per il 13 o il 20 settembre. Si fanno le cose così in fretta in Grecia che quasi si stenta a credere che siano quelli così lenti a fare le riforme e a pagare i debiti, n’est pas?
Discorso tivù pieno di pathos, del resto siamo in Grecia. Il grande liquidatore liquefatto dice che “Il popolo deve prendere il potere” che significa votatemi ancora, son giovane, son bravino, dico tutto e tutto il contrario e sono riuscito a farvi credere che non mi sarei mai calato le braghe di fronte alla Trojka. Ora vi ritrovate con una nuova tranche di miliarduzzi con i quali possiamo rimborsare quelli che già ci hanno anticipato, non siete felici? Non siete contenti? Non vi è rimasto in tasca nulla e in più io, unto e bisunto di umiltà, sono qui a darvi la responsabilità di ciò che accadrà il futuro: “Voi dovete decidere se siamo riusciti a portare avanti il Paese e se siamo in grado di far uscire il Paese dalla crisi. Voi deciderete con il vostro voto chi è in grado di dare speranza. Deciderete chi sarà capace di fare i cambiamenti necessari”.
Dovranno decidere in fretta i Greci, si va alle urne il 13 o il 20 settembre, che son abituati a far di corsa: referendum in cinque giorni. Elezioni in poco più di venti.
Se penso a quanti hanno visto in Tsipras il salvatore non solo della patria, anche su questa testata, ma addirittura dell’Europa tutta… Ex collaboratori ai quali consigliavamo prudenza, ma qui non si censura nessuno. Né si dice “Te lo avevo detto”. Tsipras, mentre i mercati bruciavano qualcosa come 40mila miliardi e le borse crollavano del 5%, convocava i suoi in piazza per gridare “No” all’Europa, quell’Europa che oggi gli ha sganciato 24 miliardi per permettergli di restituirne dieci e non far saltare in aria il paese. La Grecia è abituata ai default, ne ha già avuti cinque: 1826, 1843, 1860, 1893, 1932 forse lo Tsipras prodigo e che a luglio contestava per non restituire i soldi che l’Ingiusta Matrigna gli aveva prestato, pensava anche a quello. Alla sola Italia il Compagno di Syriza, o meglio il paese che lo vede oggi dimissionario per comodo, deve 36 miliardi di euro. Soldi nostri, vostri.
Insomma il paladino delle libertà di tutti gli Europei ci lascia e lancia la palla al popolo greco: “sia il Popolo a decidere se ho fatto bene e se devo essere io a continuare a governare [sic]: la responsabilità non è mia. E’ del popolo…”. La vera retorica della lavandaia.
Il mensile Limes commentava, nel suo numero 7, che Tsipras aveva avuto l’ardire di presentarsi all’Europa senza un piano “B”. Ma ce l’aveva il piano “B”. Si chiama “La Grande Fuga”. Lui lo chiama invece “elezioni anticipate per dare voce al popolo”. I signori della Sinistra italiana al confronto sono dei dilettanti incompetenti.
(20 agosto 2015)
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