di Giovanna Di Rosa
Grazie al voto fondamentalista di Evangelisti e varie cristianità in politica, il Perù ha votato una legge che impedisce alle donne stuprate di abortire nel caso che dalla violenza derivi una gravidanza indesiderata. Con il disprezzo per i vivi che caratterizza tutti coloro che sono accecati da una fede ultraterrena che li farà volare in un paradiso che nessuno ha mai testimoniato (pare non ci sia viaggio di ritorno), i legislatori hanno deciso – portavoce una donna – di “difenere il diritto alla vita dal momento del concepimento”, tanto poi per fregarsene della vita ci saranno tutti gli anni seguenti alla nascita.
Secondo la grande compassione cristiana di chi ha votato contro, la proposta di legge “nascondeva” l’intento di “decriminalizzare l’aborto”, e per questo la sua approvazione è stata rifiutata, nonostante il 52% degli abitanti di Lima (12 milioni di abitanti) si fosse dichiarato favorevole alla sua approvazione. Il delirio religioso dei legislatori peruviani non hanno tenuto in conto un particolare di nessun conto: che mentre la contraccezione d’urgenza (una pillolina, insomma) è disponibile per la medicina privata (quindi per coloro che hanno soldi per pagarsela) è proibita in quella pubblica.
Anche di fronte alla sofferenza la compassione cristiana ha due facce: accondiscendente con chi ha soldi, dura e spietata con i poveri che dice (agli altri) di difendere.
In perù l’aborto è legale solo in caso la salute della donna sia in pericolo o che sia in pericolo di vita.
(28 maggio 2015)
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