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Gaiaitalia.com: Intervista a Cecilia d’Avos, co-presidente della Rete Genitori Rainbow

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Cecilia d'Avos - tavola rotonda Europride 2011di Maximiliano Calvo

Sull’omogenitorialità in Italia ne abbiamo sentite tante, ne abbiamo lette tante, che volevamo parlare con alcuni protagonisti di questa dura battaglia per l’uguaglianza di tutti. La Rete Genitori Rainbow, la sua co-presidente Cecilia d’Avos, hanno accettato il nostro invito e hanno risposto alle nostre domande, poste con lo spirito di comprendere e far comprendere cosa significa l’omogenitorialità in Italia nella vita quotidiana.

L’intervista:

Innanzitutto è chiaro che le persone a cui vi rivolgete come associazione di famiglie omogenitoriali non sanno nulla di voi… Aiutiamole.

Cecilia d’Avos: Rete Genitori Rainbow è una associazione di genitori, ancor prima che di famiglie, ed in particolare si rivolge alle madri e ai padri, omosessuali e trans con figli da precedenti relazioni etero. RGR nasce per supportare i genitori LGBT nel proprio percorso di consapevolezza. Per conoscerci meglio ci sono tanti modi: visitare il sito internet www.genitorirainbow.it che è una miniera di informazioni e testimonianze, entrare in contatto con noi tramite Twitter e Facebook, partecipare agli incontri di accoglienza: gli “RGRday” che organizziamo nelle principali città (il prossimo è il 24 febbraio). In particolare, per i “genitori rainbow” e i loro compagni abbiamo creato un forum gratuito e anonimo (www.genitorirainbow.it/forum), dei gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto, seminari con psicologi specializzati e anche una Linea telefonica di ascolto (i volontari rispondono il lunedi dalle 20.30 al numero 06-991.96.976) .

In questo paese c’è l’abitudine di giudicare prima – soprattutto quando non si conosce – e decidere sulla base di un pregiudizio. I vostri figli come vivono tutto questo?

Cecilia d’Avos: I nostri figli sono nati in un contesto eterosessuale, e il nostro coming out verso di loro può avvenire in età diversissime: alcuni genitori hanno detto di sé quando i figli erano ancora molto piccoli, altri invece, per paura o perché loro stessi hanno preso consapevolezza in età più avanzata, hanno fatto coming-out a figli ormai adolescenti. I nostri figli, quando vengono a conoscenza dell’identità/orientamento del loro genitore, iniziano a prendere le misure con il  pregiudizio diffuso che ci circonda.RGR - striscione Europride Sicuramente nelle scuole c’e’ bisogno di formazione per tutto il personale, che spesso non è preparato di fronte ai nostri temi. Rete Genitori Rainbow sta iniziando ad operare, assieme ad altre associazioni, anche sul versante della scuola. Devo dire però che in molti casi sono i ragazzi stessi, soprattutto i più grandi, a intervenire a scuola e con gli amici sui temi della discriminazione e dell’omosessualità, controbattendo chi ragiona in termini aprioristici.

E voi come vivete tutto questo?

Cecilia d’Avos: i genitori all’inizio del percorso di consapevolezza sono spesso schiacciati dalla paura e dai quei pregiudizi di cui parlavamo. Per arrivare alla visibilità in famiglia è necessario un percorso di empowerment, ed è proprio questo uno dei principali obiettivi della nostra associazione: offrire gli strumenti per arrivare a una maggiore consapevolezza della propria condizione di omosessuale o trans e del proprio ruolo genitoriale.  L’esperienza ci ha fatto vedere come i genitori che arrivano a parlare con sincerità ai figli e alle altre figure affettivamente importanti si sentono sollevati da un peso, e più forti di fronte allo stigma e al pregiudizio. Nel mio caso, ad esempio, il rapporto con mia figlia è migliorato dopo che ho fatto coming-out. Confesso che siamo veramente soddisfatti del lavoro che stiamo svolgendo con Rete Genitori Rainbow e dei feedback che ci arrivano.

Negli USA al momento della visibiltà delle prime famiglie omogenitoriali il bullismo nelle scuole si manifestava attraverso l’epiteto di FAG BABY, orribile, ma efficace… In Italia com’è la situazione?

Cecilia d’Avos: purtroppo il bullismo omofobico è una realtà ed è veramente un cancro da estirpare. Può colpire i ragazzi che si allontanano, con i loro comportamenti, dalla norma (pensiamo al caso tristemente famoso del quindicenne “con i pantaloni rosa”, che è arrivato a togliersi la vita qualche mese fa a Roma), ma anche i figli di persone omosessuali possono essere bersaglio di scherno. Come dicevo prima, la scuola è un altro dei temi importanti su cui Rete Genitori Rainbow sta lavorando sul territorio.

Come mai parlano di rispetto della famiglia personaggi che di famiglie ne hanno più di una, hanno diverse amanti e sono moralisti solo quando si parla degli altri? Come dialogate con questa gente?

Cecilia d’Avos: Spesso chi si erge a moralista è il primo a non comportarsi secondo le stesse norme che declama, ma il metodo “Boffo” (direttore dell’Avvenire sula cui omosessualità Feltri aveva rivelato indiscrezioni), ovvero gettare fango sull’interlocutore, non ci appartiene.  I genitori omosessuali esistono e sono genitori come gli altri: buoni e meno buoni. Noi vogliamo sottolineare questa realtà con le nostre vite e con i tanti autorevoli studi che sono stati fatti sulla materia. Non ci serve scendere al livello dei nostri detrattori.

Si parla anche spesso di tutela del bambino, quando di fatto si circonda il bambino del pregiudizio legato a tutto ciò che “non avrebbe” senza vedere ciò che invece “ha…”

Cecilia d’Avos: L’idea che il bambino abbia bisogno di una coppia genitoriale composta da persone di sesso diverso e’ ampiamente smentita dai fatti e dagli studi. I figli crescono benissimo con “genitori singoli”, come spesso accade anche nel mondo eterosessuale, quando dopo una separazione uno dei genitori si eclissa oppure quando uno dei due muore. Ma crescono bene anche quando le figure di riferimento sono dello stesso sesso. Le ricerche che lo confermano sono ormai tante e autorevoli.

Il vostro impegno futuro in un paese dove le coppie dello stesso sesso non godono di alcun diritto sembra quasi una battaglia alla Don Chisciotte…

Cecilia d’Avos: Mentre Obama parla della piena parità “con le sorelle lesbiche e i fratelli gay”, mentre in Francia e in Inghilterra il matrimonio egualitario diventa legge, da noi i politici sono ancora ad una timida promessa di diritti per le coppie di fatto.  Siamo indietro rispetto agli altri paesi evoluti, ma non ci scoraggiamo: nemmeno troppi anni fa i divorziati erano guardati con sospetto e i loro figli portavano uno stigma, qualche anno ancora prima alle donne era preclusa la carriera in magistratura, solo per fare due esempi. Voglio pensare che non sia una battaglia alla Don Chisciotte, e ritengo si stiano facendo passi importanti per affermare in Italia un pensiero laico su questi temi.

I vostri figli vengono da precedenti relazioni, come avete loro spiegato la nuova situazione? RGR genitore gay

Cecilia d’Avos: Come dicevo, è importante che il genitore faccia un percorso di consapevolezza, scrollandosi di dosso un po’ delle inevitabili paure iniziali, anche per essere pronto anche a sostenere i figli di fronte a questo cambiamento.  Fare coming-out solo per togliersi un peso di dosso può non rivelarsi la scelta migliore.  Per questo Rete Genitori Rainbow organizza incontri e anche seminari con psicologi specializzati, l’ultimo si intitolava proprio “Dire, non dire: figlie, figli e coming-out”.  Abbiamo constatato che, a dispetto delle paure che ci frenavano, la relazione genitore-figlio va a migliorare dopo che la si impronta alla sincerità. Ovviamente non ci sono ricette sul come e quando affrontare l’argomento, anche se molti psicologi invitano a parlarne serenamente ai figli quando ancora sono piccoli. Per quanto riguarda me, il coming-out a mia figlia è un momento che oggi ricordo volentieri: aveva 14 anni e mi chiese a bruciapelo se fossi lesbica. Ero nel mezzo di una difficile separazione legale, ma decisi di non mentirle. Dopo aver parlato a lungo e averle fatto vedere le foto del Pride, mi disse una frase che non dimentico: “Mamma, sono orgogliosa di te perché vuoi essere te stessa anche se è difficile”. Oggi Francesca ha quasi vent’anni e ha partecipato, assieme al suo ragazzo, al Roma Pride per sostenere Rete Genitori Rainbow.

Da dove viene il pregiudizio che famiglia omogenitoriale = figli omosessuali (a parte dall’idozia, che è palese)…

Cecilia d’Avos: è un pregiudizio che fonda le radici nell’idea che l’omosessualità sia”contro natura”, una sorta di malattia… e per di più contagiosa! C’è da ripetere fino alla nausea che, come ha affermato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’omosessualità è semplicemente una “variante” della sessualità umana. I nostri figli saranno omosessuali o eterosessuali nella stessa misura in cui lo è la popolazione in generale. E’ vero piuttosto che i figli di persone omosessuali si dimostrano aperti e accoglienti verso ogni diversità, e questo, da madre, mi sembra sinceramente un ottimo risultato educativo!

Cosa manca a questo paese per essere un paese civile sul tema dei diritti di tutti?

Cecilia d’Avos: Servono leggi che non siano elemosine, che non releghino i nostri diritti a una questione di serie B.  Serve il matrimonio egualitario, la possibilità di adottare per singoli e per tutte le coppie. Servono le stesse tutele, in termini formali e sostanziali, di cui godono le persone eterosessuali.  Ma abbiamo bisogno anche di fare tanta cultura laica, per smantellare il pregiudizio che i vertici della chiesa cattolica contribuiscono a diffondere.

C’è una storia di ordinaria discriminazione che volete o potete raccontarci?

Cecilia d’Avos: preferisco parlare di una storia di ordinaria giustizia, che ci riguarda molto come “genitori rainbow”, piuttosto che buttarla sul vittimistico. In una recente sentenza di separazione giudiziale a causa omosessuale, il padre aveva chiesto l’affido esclusivo dei figli perchè la madre aveva una relazione con una donna. Il giudice ha ribaltato la questione, stabilendo che i figli fossero invece affidati alla madre perché sarebbe stato negativo per loro vivere con un padre così omofobo! Questo anche per dire che i giudici sono spesso molto più avanti dei legislatori, e che la prima paura dei genitori omosessuali (quella di perdere i figli) è largamente smentita dai più recenti orientamenti giurisprudenziali.

In conclusione, quanto lavoro c’è ancora da fare?

Cecilia d’Avos: Il lavoro da fare è tanto, ed è su piani differenti. C’e’il sostegno alla persona-genitore, che è la nostra prima mission. Ma c’è anche un gran lavoro da fare con le istituzioni, con la cultura, e a livello politico. E di certo Rete Genitori Rainbow non si tira indietro su nessuno di questi fronti.

Cecilia d'Avos a RAI3 - 23 agosto 2012

 

 

Cecilia d’Avos vive a Roma e ha 52 anni. Separata con due figli maggiorenni, lavora nei servizi informatici di una grande azienda. E’ co-presidente e co-fondatrice dell’associazione Rete Genitori Rainbow (www.genitorirainbow.it). Ha fatto parte del Coordinamento delle “Cinque Giornate Lesbiche” ed è attiva nell’associazionismo LGBT.

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