Ci sono versi, nella letteratura araba, che descrivono i rapporti lesbici senza lasciare spazio all’immaginazione (come quelli de “Le delizie del cuore” di Al Tifashi, scritto nel 1200). Ci sono testi sufi persiani che celebrano esplicitamente l’amore omosessuale, entrato a tal punto nella consuetudine tra il 1100 e il 1300 da diventare anche oggetto di satira (sempre in versi).
L’omosessualità è un concetto che ha permeato per secoli la cultura arabo-islamica, contrariamente a quanto si crede comunemente in Occidente. A raccontare la storia e l’evoluzione dell’orientamento sessuale e della sua costruzione sociale – con un lavoro capillare di esplorazione dei testi antichi – due studiose italiane: Anna Vanzan e Jolanda Guardi. Vanzan è iranista e islamologa, specializzata in questioni di genere e islam e docente all’Università di Milano.
Guardi è docente di lingua araba e ricercatrice all’Università di Tarragona. Il volume che hanno appena pubblicato con la casa editrice Ediesse si intitola “Che genere di islam”. Un viaggio nella cultura e nella società arabo-islamico-persiana che sfata, con dovizia di approfondimenti e spiegazioni, una serie di stereotipi.
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