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HomeIo la penso cosìQuando la scorciatoia del non voto diventa una strada senza uscita

Quando la scorciatoia del non voto diventa una strada senza uscita

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di Marco Biondi

Prime due elezioni amministrative del 2024: superficialmente si parla di pareggio, ma la situazione è molto più complessa di quello che sembra. Provo a darvi le mie impressioni.

In Sardegna si sono alzate ole di entusiasmo per la vittoria di un campo “largo ma non troppo”. Ha vinto la candidata dell’abbinata 5Stelle/PD e tanti si sono precipitati a dire che questa possa essere la soluzione per battere le destre. Andando nel dettaglio, a parte che la vittoria è arrivata per un manciata di voti, scopriamo che il candidato della destra, il sindaco di Cagliari, è riuscito a scontentare quasi tutti i suoi concittadini e molti, nonostante la propria fede politica, hanno deciso di non votarlo.

Alessandra Todde ha ottenuto il 45,4% dei voti contro il 45,0 del suo avversario, ma ha ottenuto più voti di quanti ne hanno avuti i partiti che la sostenevano. Grazie al voto disgiunto ha vinto lei, ma non credo ci siano i presupposti perché PD e 5Stelle se ne possano vantare più di tanto, soprattutto perché il PD ha avuto il 13,8% e i 5Stelle, che avevano scelto il candidato, hanno avuto semplicemente il 7,8%. Non sembra siano “risultatoni” da sbandierare ai quattro venti.

Sull’onda dell’entusiasmo, molti si sono illusi che fosse arrivato il momento per festeggiare in anticipo una seconda vittoria quasi certa in Abruzzo. Vittoria che non c’è stata, affatto e la destra ha ottenuto la conferma del Presidente uscente Marsilio che ha battuto col 53,50% lo sfidante D’Amico, destinatario di un modesto 46,50%. Le sinistre avevano creduto che, se con un campo “larghino” avevano vinto in Sardegna, con un campo “larghissimo, che più largo non si può” chissà che sfracelli avrebbero fatto in Abruzzo. Non è successo.

Intanto il voto disgiunto non era previsto, e questo ha penalizzato molto anche gli scontenti dell’attuale presidente e poi, ancora una volta, si è scoperto che i campi larghi o larghissimi sono “invenzioni” di fantapolitica. Gli elettori PD sembra abbiano accettato per buona parte di votare una candidata presentata dai 5Stelle, mentre, dicono, i 5Stelle non hanno votato, se non in minima parte, il candidato progressista. Ma stiamo a fare tutto ‘sto casino sempre attorno ai 5Stelle, anche se, pure qui, non è che abbiano brillato, avendo chiuso con un modestissimo 7,1%, quasi un terzo dei voti presi nella precedente consultazione. A parte che, di fronte a questi risultati, io continuo a chiedermi come possano i sondaggi nazionali accreditare questo partito di oltre il 16%, anche se certamente che il problema non sta lì.

Ogni elezione regionale ha anche una valenza politica, ma è fortemente condizionata dal valore e dalla conoscenza sul territorio dei candidati che vengono votati. Un Sindaco di Cagliari che, a dire dei suoi concittadini, non ha lavorato bene, è normale che venga votato meno, un Presidente di Regione che, evidentemente, non ha scontentato più di tanto, è facile che venga rivotato, non tanto perché il suo avversario non sia di valore, ma forse perché non era abbastanza conosciuto. Le alchimie dei campi più o meno larghi, in questi casi valgono poco. Tutto questo ci da indicazioni sul futuro? Direi molto poche. Se vogliamo consolarci pensando che le destre si possono battere, possiamo anche farlo. Ma dire che si sia trovato il modo per farlo, seconde me, è proprio una pia illusione. Almeno per ora.

Ma sapete alla fine chi ha vinto? Hanno vinto, ancora una volta quelli che a votare proprio non ci sono andati. In Sardegna ha votato il 52,4% degli aventi diritto, ancora meno di quel 53,74% delle precedenti consultazioni; in Abruzzo ha votato il 52,2%, sempre meno rispetto al 52,87% del 2019. Sono numeri che ci raccontano di quasi un elettore su due si rifiuta di esprimere il proprio voto e non esercita quel “diritto/dovere” sacrosantamente sancito dalla Costituzione e colonna portante di un sistema democratico. E il calo dei votanti è continuo e la sua discesa non accenna a diminuire. Invece di misurare quanti metri è largo il campo, è mai possibile che non ci si impegni a fare una analisi seria sui motivi per i quali la “gente” non vota più?

Non sono certo io quello che può fare un’analisi del genere, ma se fossi un addetto alla politica alta un minimo di impegno per recuperare qualche decimale di votanti lo farei. Quanto meno, mi impegnerei a far sapere a queste persone che chi decide di non votare, di fatto, vota per la maggioranza. Perché valgono le percentuali e non il numero assoluto di voti. Se votiamo in tre e io prendo due voti, stravinco col 66,66% periodico di preferenze.

Un mio caro amico argentino al quale ho chiesto tempo fa chi avrebbe votato tra Milei e Massa, mi ha dato una risposta che mi ha colpito. Mi ha detto: “Io non voto, non voglio essere complice!”.

Amico mio, sbagli, è sempre meglio scegliere il “meno peggio” che lasciare scegliere agli altri. Quanto meno, sia che tu abbia scelto il vincente che chi ha perso, avresti sempre la possibilità di lamentarti con chi ha sbagliato voto, votando il candidato che tu non hai scelto, o con chi è stato eletto, promettendo che non lo avresti mai più rivotato. Ma se non voti, di cosa ti puoi lamentare? E ricordiamoci, che un voto nullo, quanto meno, fa meno danno di una astensione.

Intanto qui, mentre si continua a misurare la grandezza dei campi, sembra che la sinistra si stia impegnando a ripetere pedissequamente gli errori del passato.

Per vent’anni la sinistra ha invitato a votare contro Berlusconi, invece di preoccuparsi di invitare a votare a favore di un programma veramente riformista e illuminato. Oggi sta ripetendo la stessa solfa col “battiamo le destre”. Io potrei anche essere d’accordo, ma mi dite, per favore, cosa ci fareste col mio voto? Magari anche chi oggi non sta andando ai seggi, potrebbe essere interessato e darvi fiducia. Ma finché si chiedono voti contro qualcuno senza fare programmi seri e concreti, difficile pensare che si recuperi l’astensionismo. Anche perché è sempre più evidente che in mezzo al campo”, non si spreca troppo tempo sui programmi comuni, troppo impegnati a litigare a tutto spiano su tutto dato che non si è d’accordo su quasi niente.

Amici miei, ma così come si fa a essere ottimisti?

 

(12 marzo 2024)

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