di Silvia Morganti
Gennaio è il mese dell’anno in cui si riversano tutti i nostri buoni propositi, gli esordi delle buone abitudini, i progetti di nuovi inizi. Non vale per Rosa D’Ascenzo, Maria Russ, Delia Zarniscu, Teresa Sartori, Elisa Scavone, Ester Palmieri, Maria Panico. Dall’inizio dell’anno: 15 giorni e 7 femminicidi. Uno ogni 2 giorni.
Il 2023 si è chiuso con un femminicidio ogni 3 giorni.
Da un post della pagina Facebook della Casa Internazionale delle donne di Ravenna:
“È strage perché si è sempre detto che viene uccisa una donna ogni 3 giorni e invece ne stanno ammazzando una ogni 2 giorni […]. È strage per fare un minuto di rumore e tenere così aperta e illuminata la strada indicata da Elena Cecchettin all’indomani del femminicidio della sorella Giulia […] La violenza maschile contro le donne è un problema persistente, sistemico e strutturale che viene da lontano e i femminicidi non sono omicidi passionali né delitti pieni di misteri. Sono crimini di potere che raccontano della cultura patriarcale, discriminatoria e prevaricatrice, possessiva e oppressiva, in cui tutte e tutti nasciamo, cresciamo e moriamo […] Le donne si vogliono vive e libere. Gli uomini devono e possono prendersi la responsabilità della violenza che esercitano nelle sue forme più diverse e lo Stato deve e può investire in prevenzione e formazione, educazione affettiva e sessuale, nei centri antiviolenza e nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza.”
Chi può ancora negare che il patriarcato non esista? Chi può negare la sua struttura strutturalmente tenace e radicata nel tessuto sociale? A quale statistica dobbiamo arrivare perché questa piaga diventi preoccupante e intollerabile agli occhi della società e delle istituzioni? Chiedo per un’amica. Una qualsiasi. Tanto la violenza di genere non fa distinzioni. Il patriarcato è un pericolo che non si può annientare in un giorno, in un mese, in un anno. Questo lo sappiamo bene. Il problema è la negazione della sua esistenza.
Si dice che il primo passo per risolvere un problema sia accettarlo e riconoscerlo. E al momento sembra ben chiaro che siamo piuttosto lontani da qualsiasi accettazione di consapevolezza e da qualsiasi atto di riconoscimento.
Dovremmo provare a gridarlo tutti insieme a gran voce: il patriarcato esiste. Affacciamoci alle finestre magari. Vi ricordate quando tutta Italia applaudiva in balcone durante il lockdown causato dal Coronavirus? Quell’Italia orgogliosa di non arrendersi, formata da persone solerti a mostrare la propria solidarietà con uno scrosciante applauso. Per ricordare al prossimo e a sè stessi che non si era da soli. Che eravamo uniti e che ne saremmo usciti migliori.
Dove sei Italia? Le donne ora sono più sole che mai. So che lo sai, ma ora lasci gli scuri delle finestre socchiusi. E non ti affacci più.
Abbiamo bisogno di un nuovo coro. Ma non di applausi stavolta, prendiamo la nostra arma di fortuna preferita, quel mazzo di chiavi nella tasca del cappotto. Facciamo rumore. Tutti e tutte insieme. E urliamo, urliamo a gran voce: il patriarcato esiste. Vedremmo qualcuno chiudere le finestre e qualcun altro filmarci per farne magari un video di scherno con la speranza diventi virale sui social.
Ma magari, magari dico, alla fine qualcuno si convincerà.
(19 gennaio 2024)
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