di Marco Biondi
Sarà il Governo di destra, forse il più a destra dalla nascita della Repubblica nonostante se la stia giocando alla grande con quello “giallo-verde” dei decreti sicurezza, guidato dall’avvocato per tutte le stagioni, ora paladino della sinistra – ma dobbiamo prendere atto che stiamo assistendo a un rigurgito di manifestazioni fasciste senza precedenti.
L’ultimo episodio, diffuso dai media con discreta enfasi (e non è detto che sia sempre un bene) si riferisce ai fatti di Acca Larentia, dove una pletora d’invasati neo-fascisti ha reiterato le immagini delle vecchie adunate di circa un secolo fa. Ovvio che vedere quelle scene non può non generare ribrezzo e paura, ma fa venire anche la sgradevole sensazione che possano, al contrario, anche generare desiderio di emulazione. La mamma dei cretini è sempre incinta e la scarsissima attenzione nei confronti della cultura degli ultimi decenni ha popolato la terra di gente che, personalmente, faccio molta fatica a stimare.
Ma com’è possibile, direte voi, che dopo tutto quello che ha combinato il fascismo, ci sia ancora gente che lo invoca? Io sono poco fiducioso.
Partirei da una riflessione: come può essere definito il fenomeno fascista?
Vi invito a staccare il pensiero dalle immagini che riconducono al fascismo, mani tese e simboli, per concentrarvi sulla sua vera essenza.
Il fascismo fu dittatura senza difese. Aveva permeato tutti gli organi dello Stato, esautorato il Parlamento, preso possesso di esercito e polizia. Le violenze che aveva generato erano rimaste impunite, perché, di fatto, autorizzate. E fu devastante. Oltre tutto, il regime aveva preso possesso di tutta la comunicazione il che aveva consentito di coprire quasi interamente le voci di dissenso, di nascondere le nefandezze delle quali il regime si macchiava e soprattutto di infarcire la popolazione di falsità che facessero credere che quello di cui aveva bisogno il Paese era solo ed esclusivamente quanto fatto e proposto dal partito fascista. E fu il dramma che tutti conosciamo.
Con la liberazione e l’affermazione di un regime veramente democratico, ci eravamo illusi che non avremmo più corso simili rischi. Ci sono però dei fattori che ci stanno facendo ricredere. Il tempo che passa, le dinamiche della comunicazione che cambiano, la cultura che perde importanza ed ecco che improvvisamente il fascismo non è più percepito come un rischio reale da una fetta, non più marginale, della popolazione. Ma le tutele che erano state inserite nella Costituzione e nelle Leggi della Repubblica sono sufficienti per coprirci da un simile rischio?
Oggi ci schermiamo dietro una legge che vieta di ricostituzione del disciolto partito fascista, e lasciamo a giudici e forze dell’ordine la discrezione di interpretare i simboli fascisti come meglio credono. Un presidente del Senato che dichiara che il saluto fascista non è detto che debba sempre essere perseguito non è una cosa rassicurante. Ma non è solo di questo che dovremmo preoccuparci.
Che una manifestazione inequivocabilmente fascista non susciti reazioni e ribrezzo da Presidente del Consiglio e Presidente del Senato, secondo voi, non è un segnale inquietante?
L’informazione oggi è prevalentemente distribuita tra “social” (quindi incontrollata e incontrollabile), e “tradizionale”, con quella tradizionale divisa tra “stampa” (anche se distribuita digitalmente), e televisioni, entrambe nelle mani di imprenditori spesso vicini al potere di turno o controllate direttamente dal Governo. Il rischio che voci libere di dissenso possano essere soffocate non è banale. L’attuale gestione della RAI qualcosa insegna. La scuola ha, da tempo, perso la determinazione che aveva fin dal primo dopoguerra nel mettere in guardia dai rischi del nazi-fascismo e, più in generale, delle dittature. A giudicare dall’attitudine delle ultime generazioni, sembrerebbe che non ci si possa fare affidamento più di tanto. Non avremmo perso un terzo dei votanti negli ultimi venti anni se non fosse così. E così la crescita di manifestazioni di chi si ispira a ideologie fasciste, sono evidenti e non è azzardato affermare che, a quanto pare, non sta dando fastidio o preoccupazioni agli attuali governanti. Con un quadro così fosco, c’è qualche speranza?
Io direi di sì, anche se per l’ottimismo sfrenato consiglierei di aspettare tempi migliori.
Intanto la struttura democratica della nostra Costituzione sembra efficace. Ne abbiamo avuto prova anche in tempi recenti, quando qualcuno, tra un cocktail in spiaggia e un balletto in costume da bagno, chiedeva pieni poteri. L’appartenenza alla Comunità Europea e alla NATO dovrebbe essere di conforto. Ovviamente sempre sperando che le prossime elezioni preservino le attuali maggioranze. Poi abbiamo un Presidente della Repubblica di assoluta affidabilità democratica.
Infine, per ora, la maggioranza degli italiani sembra rifiutare sentimenti assolutisti.
Qualche perplessità la suscita la capacità dell’attuale opposizione, e qui sembrano esserci attinenze rispetto agli anni venti del secolo scorso. Divisi e poco determinati. Ma speriamo che questo non sia un problema reale.
In conclusione, non è proprio il momento di abbassare la guardia, anzi è il contrario. Non possiamo permetterci di non fare sentire la nostra voce di fronte a episodi che rievocano il buio del secolo scorso. E soprattutto dobbiamo fare il possibile per trasmettere alle nuove generazioni la storia vissuta, che non si deve assolutamente perdere. Lo deve fare la scuola, ma, se non lo fa lei, dobbiamo farlo noi. Ne va del futuro di tutti.
(12 gennaio 2024)
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