di Giovanna Di Rosa
Ebbero l’ardir di dire “Salvini vada a lavorare” e se sui social è persino permesso nell’augusto e trucido mondo delle epurazioni politiche (del segretario che è anche un po’ divinità), pare non sia concesso. Così a Zaia, governatore del Veneto, potentissima macchina da voti e ultimo Doge vivente girano fortemente le palle e gli tocca intervenire: “I militanti espulsi li difendo io”.
Chi ha seguito l’agonia di Salvini nel patatrac quirinalizio non potrà non ricordare i lineamenti tesi di Zaia mentre con grande tatticismo diceva che Salvini stava facendo il suo mestiere, ben attento a non lasciare trasparire un anche minimo giudizio sul segretario ondivago che freneticamente corre da una posizione all’altra e che è riuscito, dalle Europee, a mangiarsi 15 punti di voti possibili scendendo persino, per i sondaggi, sotto le percentuali del 2018. Un capolavoro che Meloni è pronta a ripetere.
Allora Zaia ha rotto gli indugi e ha detto con una certa chiarezza, per certi orecchi, che i militanti critici il segretario ondivago, militanti della Liga Veneta – non è mai corso buon sangue tra la Liga Veneta e la Lega di Salvini a dimostrazione che la Lega non è una e indivisibile come ce la vogliono vendere – quei militanti del “Salvini vada a lavorare” non si toccano. “Garantisco io per loro”, avrebbe detto Zaia secondo Il Foglio che cita Il Mattino di Padova.
Pettenà è un amico e un pezzo di storia della Liga. Non si tratta di un militante qualsiasi, ma è vero che le regole si devono rispettare. Quindi se servono tre righe per chiudere questa storia senza morti né feriti, eccomi qua. Magari lui scrive una traccia e io le metto in bella copia”…
La dichiarazione suona come un “Qui comando io, Matteo, e senza Zaia non si passa”; Zaia, va ricordato a lettrici e lettori perché Salvini lo sa benissimo e gli tremano i polsi, vale il 75% dei voti che la Lega raccoglie in Veneto: il 75%, mica patatine fritte; e se esiste la proprietà transitiva se si difende chi dice “Salvini vada a lavorare” significa che, forse, sotto sotto non la si pensa poi così diversamente. Soprattutto se poi dichiari, come scrive ancora Il Foglio: “Pettenà ha reso pubbliche delle considerazioni che nel nostro intimo facciamo anche noi. Poi ognuno ha il suo modo di esprimersi, chi più consono chi meno. Ma sulla necessità di tornare a una fase congressuale attiva penso ci siano pochi dubbi“.
Eccolo pronto il Requiem per Salvini. Compone il Doge, l’orchestra è quella della Liga Veneta diretta dal ministro Giorgetti: tutta quella Lega, largamente maggioritaria, che di Salvini non ne può più.
(20 febbraio 2022)
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