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La diffidenza “No vax” chiaro esempio dell’odio ideologico delle destre italiane

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di Vittorio Lussana, #Giustappunto

A prescindere dalle polemiche relative alla trasmissione Report e alla recente inchiesta di Sigfrido Ranucci sul mondo delle case farmaceutiche, la funzione preventiva svolta dai vaccini in questa seconda fase della pandemia da Covid 19 dovrebbe essere ormai considerata indiscutibile: un vero e proprio scudo che sta salvando la vita di larga parte dell’umanità. Eppure, ci sono Paesi intrisi, persino più di noi, di ortodossie religiose stucchevoli e fuori dal tempo, che rischiano di lasciare indifese milioni di persone di fronte a un virus infido e pericoloso: la Russia e l’est europeo in generale, ma anche altre popolazioni del pianeta. A riprova del fatto di quanto le religioni possano rivelarsi come un qualcosa di culturalmente labile, assai vicina alla follia.

Le credenze religiose sono, infatti, un’arma a a doppio taglio: esse possono rivelarsi portatrici di valori e di princìpi nobilissimi, ma anche trasformarsi in pericolose ideologie, immutabili o assai difficilmente riformabili. Ecco perché all’interno di tali culture si formano sempre, grossomodo, due correnti di pensiero: una più elastica, che cerca di convergere e adeguarsi ai nuovi problemi posti dalla modernità e una più rigida, che viceversa rischia di condannare intere popolazioni a rimanere prigioniere del proprio passato, ossessionate dalla loro stessa cultura.

Fortunatamente, c’è di buono che più di qualcuno ha compreso i miei dubbi dei decenni passati in merito alle religioni: non si trattava di mera attività speculativa da parte del sottoscritto, né di un modo per tenersi le mani libere su qualsiasi frontiera politico-filosofica. E infatti, c’è da dire che la pandemia planetaria ha completamente ribaltato le cose: stiamo ricevendo stima e ascolto da molti ambienti religiosi, mentre sul fronte politico notiamo atteggiamenti sempre più viscidi e opportunistici.

Il mondo della politica italiana, in particolare, è diventato un vero e proprio cesso ormai inagibile, per via del tanfo nauseabondo che la circonda: sarebbe persino consigliabile che i cittadini rivolgessero il proprio sguardo altrove. Lo scadimento qualitativo della nostra classe politica verso l’opportunismo e la bieca strumentalizzazione dei problemi, appare un qualcosa di decisamente stucchevole: ognuno cerca di agganciarsi al primo treno che passa pur di ottenere visibilità o riscuotere facili consensi. Ecco per quale motivo si è diffuso un modo di fare politica quasi totalmente imperniato su logiche autoreferenziali e fake news.

In fondo, non aveva torto Renato Brunetta quando espresse, qualche anno fa, la seguente annotazione: “Adesso che siete riusciti a ridimensionare politicamente Silvio Berlusconi e gli ambienti di Forza Italia, vi state rendendo conto che noi, rispetto a certa gente, eravamo dei signori…”. E’ vero: rispetto alle puttanate che sono circolate in questi anni intorno all’efficacia o meno dei vaccini o, addirittura, nei confronti dell’esistenza stessa di una pandemia che ha provocato milioni di morti in tutto il mondo e rischia di farne ancora, abbiamo dovuto tutti quanti prendere atto di avere a che fare con degli universi paralleli, soprattutto a destra, popolati da gente totalmente priva di scrupoli, incapace di decodificare la realtà secondo declinazioni e categorie culturali quantomeno accettabili.

Ma è altrettanto vera l’obiezione opposta, proveniente dai vari Montanari, Falcone e altri: “Per decenni, ci avete accusato di essere rimasti fermi alle ideologie del passato, mentre tutto ciò che non accadeva a destra, passava in cavalleria…”. Si tratta di un’analisi corretta: siccome serviva carne da cannone, verso la metà degli anni ’90 del secolo scorso Silvio Berlusconi decise di sdoganare le destre, nonostante fossero composte da gente che, eccezion fatta per Gianfranco Fini e pochi altri, sembravano uscire dalle gabbie di un nosocomio dimenticato dalla riforma Basaglia.

Risulta pur vero che simili contraddizioni, alla fine, hanno evidenziato la buona fede di molti esponenti sia di Forza Italia, sia del vecchio mondo comunista: non tutti si sono mossi in base a logiche opportunistiche. Ed è anche vero che, in una chiave interpretativa di questo genere e tipo, andrebbero rivisti anche gli strappi berlingueriani degli anni ’70 del secolo scorso. Strappi i quali, benché parziali e poco funzionali a preparare un terreno di alternanze periodiche, erano motivati da una sincera presa di coscienza circa i limiti del modello marxista, soprattutto sotto il profilo dell’analisi macroeconomica. Quest’ultima riflessione è giunta solamente in seguito, in particolare grazie al lavoro di depurazione del tanto bistrattato Achille Occhetto. In ogni caso, essa appare, oggi, dotata di un certo grado di accertata credibilità.

Le discutibili dottrine di “socialismo in un solo Paese” – ovvero l’Unione sovietica – tendenti a imporre un modello unico e rigidissimo, rappresentavano un qualcosa di soffocante al pari delle religioni. Una religione di Stato: questo fu il marxismo applicato nella Russia del secolo scorso. E in tal senso, la conversione al cattolicesimo dell’amato Giovanni Lindo Ferretti assume connotati di coerenza: o egli era cattolico già in tempi anteriori, oppure il poeta emiliano è semplicemente passato da una religione a un’altra. Nulla di così assurdo come, invece, apparso a molti.

La verità è che, di fronte a simili suggestioni ideologiche, religiose o meta-politiche, ha sempre avuto ragione Giovanni Gentile: il marxismo, pur prendendo le mosse da presupposti sociologici fondati, non era affatto una filosofia, bensì una forma di “sentimentalismo proletario”, come testimoniato con grande onestà intellettuale dalle Ceneri di Gramsci di Pier Paolo Pasolini. E i limiti dell’analisi marxiana rimangono intatti, a cominciare dalla pretesa di contestare la libera iniziativa privata, sostituendola con il capitalismo di Stato. Un ribaltamento logico equivalente ad affermare che per combattere il reato di truffa sarebbe meglio radere al suolo il mondo: un ragionamento scientificamente discutibile, oltreché eccessivo.

Tuttavia, sotto un profilo di Storia delle dottrine politiche bisogna ammettere che molta acqua, a sinistra, è ormai passata. Anche la famosa frase di Enrico Berlinguer del 1981, relativa all’esaurimento della “fase propulsiva della rivoluzione d’ottobre”, riletta oggi contiene un tentativo di riformismo italo-marxista che ha svolto un ruolo pedagogico fondamentale per intere schiere dell’antico popolo comunista, assai più di quanto noi stessi pensassimo. Un certo percorso di rientro del mondo gramsciano nell’alveo del socialismo italiano era stato, in qualche modo, avviato. E, a nostro parere, molto importante fu anche il ruolo svolto da Stefano Rodotà nell’illustrare, a sinistra, quei principi di libertà stabiliti nella prima parte della nostra Costituzione, orientando il cammino di un intero popolo verso quei territori laici e riformisti che possono senz’altro essere ripopolati con assai meno rischi rispetto a quelli di una destra che ha sempre interpretato la filosofia politica come vuoto atteggiamento, arrivando a contagiare, anche se con toni meno reazionari, persino intelligenze limpidissime come quella di Carlo Freccero.

Non può esserci reale evoluzione senza rinnovare se stessi. Una questione che i comunisti italiani hanno in larga parte affrontato e, più volte, approfondito non come semplice variazione sul tema. Ed ecco da dove è derivato l’errore di affidarsi a un movimento populista come il Movimento 5 stelle: si è creduto di poter tagliare la strada alle demagogie di destra senza incorrere in contraddizioni particolari. Un errore che, in parte, può considerarsi giustificato, rispetto a quanto poteva accadere in un Paese improvvisamente attraversato da opportunismi, improvvisazioni e fake news.

L’esperimento grillino non è riuscito, tuttavia, a impedire l’approdo del popolo progressista italiano sotto le bandiere del riformismo turatiano. Fu Filippo Turati, infatti, l’uomo che profetizzò simili sviluppi, a sinistra, dopo la scissione di Livorno del 1921: “I comunisti sono intelligenti, torneranno…”. E’ vero, si tratta di compagni intelligenti che, in qualche modo, sono riusciti a ritrovare la strada di casa. Ci hanno messo un po’, ma ce l’hanno fatta. Quel che più conta, adesso, è far comprendere a gran parte degli italiani che tale erranza nel deserto del popolo post comunista è da ritenersi credibile, rispetto a quel socialismo rivoluzionario che, in cambio di favori e facili assunzioni in Rai, promise “un’onda lunga” a lungo attesa e mai arrivata. E che, ancora oggi, si attarda a riempire di falsità e sciocchezze la testa dei propri figli. A cominciare dalle rimozioni antiscientifiche, fino a negare l’importanza storica dei vaccini.

Non si tratta di semplice ignoranza: nessuno si lasci ingannare. Si tratta di autentico odio ideologico mal sopito e mai realmente derubricato nei confronti di una parte del Paese che è sempre riuscita a ostacolare, nonostante le difficoltà, ogni forma di manipolazione demagogica per biechi scopi di potere e di vendetta. Altro esempio di stucchevole immobilismo ideologico, prigioniero di rancori e di razzismi totalmente irrazionali e immotivati, poiché ormai fuori tempo massimo. Altro che Norimberga 2: serve, oggi, una spallata decisiva, al fine di sgombrare totalmente il campo da gente ‘monocorde’ che non solo non ha mai voluto apprendere niente, ma che ha sempre avuto unicamente la vendetta come proprio orizzonte ideologico. Per vendicarsi di chi, dato che non c’è più alcuna persona che fece parte di quella generazione?

Errore: qualche persona ancora oggi in grado di testimoniare il volgare e mostruoso odio ideologico delle destre reazionarie e totalitariste ancora c’è. Si tratta della senatrice Segre. Ed ecco per quale motivo essa si ritrova oggetto di minacce che hanno costretto lo Stato a proteggerla con una scorta armata: perché fin quando ella resterà in vita, nulla potrà essere realmente rimosso o negato. E nessun processo di Norimberga alla rovescia sarà mai possibile.

 

 

(5 novembre 2021)

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