di Giovanna Di Rosa
“Sergio Ramelli era una persona libera, ma essere liberi in quei tempi duri comportava un’enorme dose di coraggio che spesso sfociava nell’incoscienza addirittura”, è parte del videomessaggio della presidente Meloni, citato dall’Adnkronos, trasmesso durante il convegno ‘Sergio Ramelli. Il coraggio delle idee’ a Milano.
“Cinquant’anni fa si spegneva la sua giovanissima vita, una morte tanto brutale quanto assurda e forse proprio per questo è divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra e di tutta Italia” (frase che definire ambigua, pur nel suo non voler dire assolutamente nulla, è un complimento). Meloni ha poi concluso dicendo che “Cinquant’anni dopo siamo chiamati a interrogarci su quello che ancora oggi ci può insegnare il suo sacrificio”, facendo poi la solita macedonia di concetti ad uso intrattenimento riuscendo ad infilarci persino la scomparsa del Santo Padre come momento di riflessione su “temi profondi”, tutti legati, naturalmente, alla vicednda di Sergio Ramelli.
In occasione del 44° anniversario della strage di Bologna, il 2 agosto 2024, Meloni c’era andata giù meno di fino rilasciando una dichiarazione ufficiale tramite il sito del Governo Italiano limitandosi a ribadire la condanna dell’attentato terroristico ed esprimendo la vicinanza del governo alle vittime e ai loro familiari, senza darci troppo dentro di filosofeggiare – sembrerebbe maligno dire che dev’essere il faldone della sentenza definitiva che parla apertamente di “strage neofascista” a provocare mal di pancia. IN quell’occasione, vittimizzandosi al solito, era riuscita a parlare della “strage di Bologna” come uno degli “eventi più drammatici della storia nazionale. Il 2 agosto del 1980 il terrorismo, che le sentenze attribuiscono [sic] a esponenti di organizzazioni neofasciste, ha colpito con tutta la sua ferocia la Nazione e 44 anni dopo quel terribile attentato l’Italia intera si stringe ancora una volta alla città di Bologna e ai famigliari delle vittime”.
Si scatenò, giustamente, un putiferio. Le sentenze definitive non andrebbero commentate nemmeno dalla presidenza del Consiglio (per buon gusto, mica perché ci sia una legge che lo vieta) ma quando si tratta una roba delicata come la questione della matrice neofascista di una strage, provata e controprovata, si suggerirebbe prudenza. Come quando si magnifica Ramelli. Con tutto il rispetto per la sua giovane età e il modo orribile in cui gli è stata tolta la vita nel pieno dei suoi vent’anni. A Bologna sono morti anche bambini, tra gli 87 ammazzati dalla strage nera, che i vent’anni nemmeno li hanno visti.
(28 aprile 2025)
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