di Marco Biondi
Prendo sputo dall’ottimo articolo in home page – leggetelo se non lo avete ancora fatto – per allargare il ragionamento a qualche considerazione di natura politica.
Lo scomparso Bergoglio di politica ne ha fatta tanta, ma ha sempre cercato di farla partendo da quello che era, evidentemente, il suo ruolo. Lui a capo di una Chiesa, esprimeva opinioni e lanciava indicazioni affinché si applicassero, nel mondo, le dottrine della sua religione. Le sue indicazioni però hanno dato spesso molto fastidio, anche se oggi sembra che nessuno abbia mai mosso critiche nei suoi confronti. Fortunatamente – e parlo principalmente dei leader politici di casa nostra, anche se la cosa si applica serenamente anche a qualcuno di altri paesi – ci sono tante testimonianze scritte che oggi restano a testimonianza di come molti politici siano bugiardi dichiarati e sfacciatamente speculatori, ipocriti e approfittatori (vedere l’articolo di Ch. Correnti che accenna con leggerezza a incomprensioni tra Nordio e la Corte dell’Aja).
La Chiesa cattolica non può che predicare accoglienza, attenzione verso gli ultimi, equità e giustizia sociale. Lo deve fare per missione, altrimenti diventerebbe un partito politico essa stessa. Curiosamente, invece, esponenti politici dei quali possiamo fare nomi e cognomi tendono a sostituirsi ai predicatori ecclesiastici, pretendono di interpretarne i dettami e si surrogano alla stessa Chiesa diventando essi stessi “diffusori del verbo”.
Esempi? Quanti ne volete, ma io ne farei uno che vale per tutti: “Dio, Patria e famiglia” usato e abusato dal passato fascista che, purtroppo, ben conosciamo, viene ultimamente sempre più usato anche dai nostri politici. L’ineffabile Salvini in testa, ma lui, si sa, deve necessariamente essere in testa alle cose sbagliate (e non parlo del ponte sullo stretto). Certo lo declinano diversamente, perché incapaci sì, ma stupidi no.
Ora, mi sembra ridondante citare esempi di chi si riempie la bocca di parole come “la difesa della famiglia tradizionale” pur avendo almeno un paio di matrimoni disfatti alle spalle, e figli nati al di fuori del matrimonio, ma fare qualche riflessione credo ne valga la pena.
Se uno è a capo di un partito politico o ne è uno dei massimi esponenti, e propone leggi che penalizzino e/o ostacolino le “famose famiglie non tradizionali”, dovrebbe spiegarne il fine. Non può, ovvero non dovrebbe potere, farlo in nome della difesa di un principio religioso. La Chiesa faccia la Chiesa, il politico faccia il politico.
Vogliamo parlare di un partito che impone una religione? Chi lo fa, oggi come dalla notte dei tempi, impone una dittatura. Abbiamo presente cosa succede in Iran? Degli Ayatollah vogliamo parlarne? Sbagliavano, ai tempi della Democrazia Cristiana molti loro esponenti “integralisti”, ma alla fine c’era una struttura di partito che aveva capito che era conveniente professarsi cristiani per prenderne i voti, ma poi scendevano a miti consigli quando si doveva legiferare. La scoppola presa con i referendum contro divorzio e aborto aveva insegnato molto. Ma oggi, sentire parlare di “Dio, patria e famiglia” suona anacronistico e discretamente sinistro (inteso ovviamente come preoccupante e non come posizione politica).
Rimandiamo quindi al mittente certi inviti e non smettiamo di vigilare sull’attenta distinzione tra credo religioso e azione politica. Rimandiamo a memoria l’invalicabile principio di “libera Chiesa in libero Stato”.
I crocefissi e i rosari in campagna elettorale lasciamoli a chi non ha pudore, ma si sente ganzo. La loro semplice ostensione deve insegnarci che quel politico, o quei politici che se ne fregiano stanno usurpando segni che con l’azione politica non c’entrano nulla. Anzi, la sfregiano. Che poi ognuno in religione è libero di pensarla come vuole, per carità; certo se poi predica bene e razzola male, ci dà un ulteriore motivo per votare qualcun altro. Vale come svuotare il famoso secchio con acqua sporca controvento. E se non fosse acqua, sarebbe ancora più divertente.
(25 aprile 2025)
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