di Vittorio Lussana
I disordini di Torino tra sinistre antagoniste e riformiste ha rischiato di rovinare la giornata dell’80° anniversario della Festa di Liberazione nazionale, avvenuta con l’insurrezione generale del 25 aprile 1945. In pratica, si finisce col dar ragione al governo delle destre paternaliste, cadendo nel tranello dei cosiddetti festeggiamenti “sobri”.
Il cammino delle forze progressiste verso la necessaria unificazione deve abbandonare una strettoia ben precisa: l’arroganza di credere che ognuno di noi abbia in tasca la vera pietra filosofale del progressismo. Anche perché, questa pietra filosofale non esiste più: possiamo salvare la storiografia marxista come chiave di lettura del passato, ma non l’analisi economica di un capitalismo di Stato che impone solamente nuove burocrazie; possiamo tenere in piedi la visione sociologica gramsciana, ma solo dopo un’opportuna depurazione dal leninismo e dalle sue logiche basate sui rapporti di forza, più che sulla qualità delle nostre idee.
Insomma, in questi giorni di lutto nazionale per la morte di papa Francesco, dovremmo tutti quanti chiederci perché, alla fine, l’unica persona che ha cercato di portare avanti una domanda di ambientalismo e di etica umanitaria sia stato, negli ultimi anni, un gesuita peronista come Jorge Bergoglio. Evitando una questione del genere non si riuscirà a rielaborare una risposta convincente e una visione del mondo condivisibile da tutte le forze di sinistra e da una larga parte dei cittadini.
Inoltre, c’è anche il tema di un’area di centro liberal-cattolico altrettanto spezzettata, a dimostrazione della cronica sotto-rappresentanza di una borghesia laica che finisce, in larga parte, col doversi accomodare all’interno del fronte conservatore e populista. Insomma, la situazione è diventata molto complessa. Tuttavia, continuando a odiarci fra noi, tra distinte forze politiche e addirittura all’interno degli schieramenti, non si risolve granché: stiamo solamente perdendo del tempo prezioso.
Divisioni, separazioni e scissioni sono sempre incoraggiate, finanziate e volute da forze esterne e oscure: ricordiamocelo tutti. A sinistra non si vuol proprio comprendere l’urgenza di un nuovo progetto di società, che riporti il mondo occidentale a forme razionali ed equilibrate di democrazia, forti e stabili all’interno di una società aperta, secolarizzata, ecologicamente sostenibile. Molte forze reazionarie hanno intuito perfettamente l’esistenza di un articolato disegno laico, teso a strappare ai gruppi petroliferi e agli oligopoli delle grandi multinazionali il pallino dello sviluppo economico, risvegliando tutte le tendenze illiberali, al fine di impedire ai popoli l’approdo verso una nuova epoca, che non sarebbe poi così lontana.
Tutti quanti noi dovremmo fare lo sforzo di rimanere alti, quasi ascetici, al fine di recepire laicamente quella lezione di nuova etica lasciataci da Papa Bergoglio. Perché un po’ di religione ci vuole sempre: aiuta ad avvicinarci alle grandi questioni filosofiche, impedendo la stucchevole retromarcia verso un tradizionalismo incoerente e stantío, imperniato sulla triade “Dio, Patria e Famiglia”. Un disegno gerarchico e verticista di società: il solito classismo che, al momento opportuno, è sempre pronto a gettare la propria maschera e a riesumare la fedele servitù delle destre militariste e reazionarie.
Siamo noi uomini di sinistra, con le nostre divisioni, i primi a tradire le nostre aspirazioni più nobili verso una società diversa, più illuminata e attenta alle politiche ambientali, effettivamente democratica e partecipativa. Continuando a scontrarci tra noi, non facciamo altro che lasciare campo libero alla confusione e all’incompetenza, alla dipendenza e alla sudditanza, di fronte a un familismo amorale mascherato da confessionalismo religioso.
“Dio, Patria e Famiglia” non sono princìpi, ma solamente una gabbia: del primo non si hanno notizie da millenni; la seconda viene utilizzata regolarmente in forme demagogiche, per instaurare regimi plebiscitari basati unicamente sulla quantità dei consensi, più che sulla qualità delle nostre vite; infine, la terza rimane ostinatamente chiusa contro tutto e tutti, all’interno di una visione apologetica che la rende un mero involucro di infelicità e ingiustizie.
Siate dunque degni dei nostri partigiani e dei nostri padri, che lottarono contro un potere feroce e assoluto. Siate fermi e, in fondo, anche più “sobri”, nel senso astuto di questo termine. Perché è l’astuzia più ingegnosa che potrà aiutarci a uscire dall’antro di Polifemo. E non sa che farsene della cinica furbizia degli opportunisti.
Buon 25 aprile a tutte le donne e agli uomini di buona volontà.
(25 aprile 2025)
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