E così anche il nuovo amore di Salvini è stato messo alla porta dal potente che aveva sposato: Musk lascerà i suoi incarichi alla Casa Bianca entro poche settimane. Ora a Salvini non rimane che Putin, suo amore da tempo con il partito del quale la Lega firmò un accordo poi dichiarato non più in essere, ma le prove richieste dai partiti politici avversari non si sono mai viste. Ma tocca fidarsi sulla parola e Salvini, lo sappiamo, di parole ne ha molte.
Dunque la rapida caduta di Musk e l’innamoramento irregimentato di buona parte della nuova classe dirigente di queste destre di impreparati saltimbanchi verbali, buoni solo per il bla bla bla e per andare in televisione a strombazzare quotidiani e opinioni impresentabili persino contro il buon senso, dà la dimensione della predisposizione un po’ perversa di buona parte della nostra politica, circa il 46% del parlamento, in questo momento maggioranza di governo, di puntare sempre sul cavallo sbagliato. Su quello più ideologico, sull’uomo solo al comando, sul vassallaggio più infantile, senza un progetto politico che non sia quello di spararla più grossa domani, rispetto a quanto non si è fatto oggi.
Musk in disgrazia lascia orfano un Salvini candidato unico al congresso della Lega, perché un baraccone simile nessuno lo vuole a mano nemmeno tra i suoi, così come i dazi di Trump, con delirio senile di onnipotenza al seguito, lasciano muta una Meloni imbarazzante che, senza nulla da dire, riferirà sul nulla quando le pare come ogni Regina d’Europa farebbe, presumibilmente dopo la visita irrilevante per l’Italia del vice-Trump chiamato JD Vance: un quarantenne recentemente convertito alla Chiesa di Roma, intransigente su tutti i temi possibili – è l’effetto delle conversioni lampo – che venendo a passare la Pasqua a Roma forse troverà tempo per incontrare qualcuno del nostro governicchio.
Lei, nostra signora delle promesse non mantenute, troverà il modo di dire che non bisogna rompere con gli USA (ma sono loro a rompere con tutti, ed è un dettaglio non irrilevante) e bisogna stare in UE, possibilmente con Orbán e contro Buruxelles ma non troppo, in un esercizio d’equilibrismo che la farà cadere dai tacchi. E saranno problemi. Salvini, da parte sua, se la caverà dicendo la qualunque, tanto dopo tre ore dirà qualcos’altro e ad ogni sorgere del sole avrà di nuovo in testa un’idea meravigliosa da vendere. Beato chi continua a crederci.
(3 aprile 2025)
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