Era il lontano 1993 quando la stessa signora che ci si trova di fronte oggi gridava a favore dell’ineleggibilità a vita per chi era riconosciuto colpevole di corruzione. Era la stessa pasionaria di oggi, per quanto il partito fondato dal padre l’allora Front National, non fosse estraneo (già allora) ad accuse di vario tipo legate a gestioni finanziarie abbastanza allegre. Ma lei voleva l’Eliseo e lo voleva fortissimamente e ad ogni costo.
Perse almeno un paio di elezioni e irrigidendo sempre più le sue posizioni c’era arrivata a un passo un paio di volte, prendendole sempre di santa ragione perché i francesi votano in massa RN quando c’è da esercitare una forma di protesta, ma poi un presidente della Repubblica a marchio Le Pen non lo votano.
Poi successe il patatrac che ha portato a oggi. Quando proprio grazie alla legge che Le Pen ha approvato insieme a tutta l’assemblea nazionale nel 2016 che irrigidiva le misure legate all’ineleggibilità in caso di condanna per corruzione e che viene applicata anche a lei, le cose cambiano sulla base della solita solfa della sentenza politica, della magistratura politicizzata, del – in soldoni – non poter fare quello che cazzo vogliono coloro che votano le leggi per applicarle ad altri, ma non le vogliono quando sono applicate a loro stessi. Risultato: Le Pen per la giustizia francese ha rubato ed è stata condannata a quattro anni e a cinque di ineleggibilità. Lei ha tutti i diritti del mondo: fare appello, incazzarsi, andare in televisione a tentare di demolire le istituzioni francesi nella speranza che nessuno le ricordi i giorni non lontani in cui lei gridava come una pazza perché voleva tres fortement la Legge che l’ha condannata.
Devastata dal suo stesso furore giustizialista, quando le faceva comodo stringere le maglie della corruzione (quella altrui, naturalmente), ha dimenticato l’emendamento che poteva intitolare “Basta che non riguardi me e il mio partito”. Come diceva quello famoso: chi è causa del suo mal eccetera eccetera…
(1 aprile 2025)
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