di P.M.M.
Un articolo di Insideover informa che l’Estonia potrebbe eliminare il russo dalle scuole entro il 2030. La ragione è che lo parlano appena 400mila persone circa su un milione e 37mila abitanti, individuo più individuo meno. In Estonia vive una importante minoranza russofona che corrisponde a circa il 30% della popolazione. Non si tratta solo di russi per eredità genetica, ma anche di cittadini che hanno origini in Bielorussia o in Ucraina.
In un momento di tensione tra paesi baltici e Russia, e dentro una situazione di oggettiva discriminazione dei cittadini russofoni che generalmente svolgono impieghi più umili e guadagnano meno, la Repubblica di Estonia eliminerà completamente la lingua russa dalle scuole entro il 2030, sostituendola con l’estone. Il russo resterà materia d’insegnamento, ma come lingua straniera, e potrà essere utilizzata – secondo l’articolo citato – “solamente in casa o in conversazioni private”, che è quello che succedeva al catalano, ad esempio, sotto il franchismo in Spagna.
La decisione arriva in un momento storico nel quale le tensioni tra Estonia, Unione Europea e Russia è al limite massimo degli ultimi decenni, con Putin e il suo entourage pronti a parlare di provocazione ad ogni battito di ciglia; ci sembra quindi che l’annuncio – per quanto comprensibile e giustificabile dal punto di vista estone – venga dato nel momento sbagliato, all’interno di una politica europea già confusa, resa ancora più incomprensibile dalle grida incrociate di Trump da una parte e Putin dall’altra. Oltre che dall’assordante fragore della pioggia di bombe quotidiane sull’Ucraina.
(7 marzo 2025)
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