Era nell’aria e nell’ordine delle cose: “In forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il governo degli Stati Uniti d’America e il governo della Repubblica italiana – si legge in una nota del Ministero – possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente. La prima condotta ascritta al cittadino iraniano di associazione a delinquere per violare l’Ieepa non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano; quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte e di fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte, nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari”, così si conclude la nota.
Il ministro Nordio ha così utilizzato pienamente i suoi poteri e non ha aspettato la decisione dei giudici di Milano, eliminando qualsiasi rischio con l’Iran dopo la liberazione di Cecilia Sala: la sua decisione dispone la scarcerazione immediata di Mohammad Najafabadi Abedini, l’iraniano detenuto nel carcere di Opera su richiesta degli Stati Uniti. La possibilità è stata resa possibile dalle azioni di Giorgia Meloni e delle sue interlocuzioni con il presidente uscente Joe Biden e con quello appena eletto, Donald Trump.
Abedini era stato arrestato a Malpensa il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti.
(12 gennaio 2025)
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