Siamo già a seicentottantasei giorni di calo continuato della produzione industriale, cosa che per l’Italia non butta benissimo. E mentre Appendino tuba (al vento, “Noi ci siamo”, ma la questione non era economica) con l’esponente governativo a Tagadà, lui le lancia nei denti di informarsi e il suo “si vada a leggere gli indicatori economici” perché Appendino è fuori dalla realtà (e francamente non ci sembra una grande intuizione).
E’ Il Sole 24 Ore, non un pericolosisimo quotidiano comunista, a ricordare che sono seicentottantasei i giorni che sono passati dal febbraio 2023 quando è iniziata la lenta, ma inesorabile sequenza di segni meno che “da allora, ininterrottamente, caratterizza la nostra manifattura. L’ultimo aumento della produzione industriale risale infatti a gennaio dello scorso anno, un segno “più” nel dato tendenziale ormai scomparso dalle statistiche Istat per 21 mensilità consecutive”.
Meloni si guarda bene dal raccontarlo, naturalmente, e copre questo dato impressionante del paese con i salari più bassi d’Europa facendo le scenette in parlamento, mostrando i muscoletti, gridando ad ogni osservazione, vivendo la stessa favola raccontata ad Atreju (ma nemmeno questa è una novità). La decrescita era stata bollata dai premi nobel al governo come fisiologica “alla luce delle crescite precedenti”, ora verrebbe voglia di dire che la “fase episodica” dovrebbe essere finita. Forse è colpa di Roberto Saviano anche questa situazione.
Così mentre aumentano gli allarmi, anche da ambienti immuni da complottismo comunista o almeno difficilmente additabili come tali, vediamo il governo sfilare alla kermesse natalizia di Atreju, con contorno di vittimismi dell’augusta sorella; organizzare un golpe sui compensi ai ministri, precipitosamente rientrato; le solite dichiarazioni di Donzelli, le difese d’ufficio in ogni programma televisivo delle politiche confuse del governo; una limitazione – parrebbe mirata a Renzi – dei compensi che i deputati e senatori possono percepire per le loro conferenze all’estero, previa autorizzazione delle Camere: unico risultato della misura rischiare di rendere simpatico Renzi. E sarebbe l’ennesimo miracolo della presidente del Consiglio. Forse uno dei pochi realizzati.
Il resto è teatrino con faccette a suon di decibel. E querele contro chi critica un ministro piuttosto che un altro.
(18 dicembre 2024)
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