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Difendersi dalle bombe da cambiamento climatico in atto è meno importante della difesa dalle “nuove bombe” dovute al cambiamento geopolitico?

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di Massimo Mastruzzo*

Intanto che in Italia, e nella UE, si discute se sia giusto spostare miliardi di fondi dalla transizione green al settore difesa, il clima in Spagna ha “deliberato” in 8 ore la pioggia di un anno. Dalle parole della politica ai fatti del meteo, il passaggio è sempre più drammatico.

D’altro canto però è altrettanto vero che lo scenario geopolitico sta mutando e purtroppo non possiamo apparire vulnerabili. Si vis pacem para bellum (uno dei mezzi più efficaci per assicurare la pace consiste nell’essere armati e in grado di difendersi).

La considerazione che offro al dibattito, ma anche alla sola riflessione, dell’opinione pubblica, è: se le “bombe d’acqua” arrivano, come di fatto stanno già facendo, prima delle bombe armate dalle industrie belliche, qual è il piano di difesa per i nostri territori, per le nostre vite (pensiamo al numero dei morti a Valencia) spariamo alle nuvole o speriamo che piova altrove.

Andiamo nel concreto che più concreto non si può:

A seguito di quanto visto dalle ultime alluvioni, qual è il piano di difesa che sta adottando la regione Sicilia, piuttosto che la Calabria o la Campania. Esiste un piano per i ristori delle aziende e dei privati cittadini che non preveda anni prima di vedere un euro ?

Noi come cittadini cosa ne pensiamo, che grado di consapevolezza abbiamo?

E visto che i provvedimenti in tal senso vengono decisi dalla politica (vedi i fondi spostati dal green alle armi) come intendiamo porci al cospetto di una tematica che, a fronte di argomenti sulla transizione ecologica, alle elezioni europee hanno dimostrato che non sono attrattivi per l’elettorato.

Se non interessano agli elettori, perché i partiti che dovrebbero occuparsene?

L’argomento difesa, prevenzione, azione proattiva, rispetto a situazioni meteo non convenzionali, per le quali allo stato dei fatti, non siamo preparati, e per i quali i danni economici e di vite perse, sono sotto gli occhi di tutti, se non irrompono nel dibattito pubblico nemmeno dopo immagini, e morti, come quelle di Valencia, nemmeno dopo i disastri che avvengono sempre più frequentemente da nord a sud del territorio italiano, come possiamo pensare che i partiti che calibrano le proposte politiche usando strumenti di previsione elettorale per capire cosa può o non può interessare ai propri elettori.

Il mio intento è far entrare nel dibattito del congresso nazionale del Movimento Equità Territoriale, che si terrà a Napoli il prossimo 14 dicembre, la questione dei cambiamenti climatici, che viene dalla consapevolezza che a dare maggior problemi nel futuro talmente prossimo dall’essere già avvenuto tanto in Emilia-Romagna, quanto a Valencia, sarà, anzi è, il surriscaldamento del Mediterraneo. E la risposta ad una alluvione è, purtroppo, più o meno risolutiva, anche, e soprattutto, in funzione del reddito pro-capite locale.

Il mio timore, quindi, è legato alle difficoltà che i cittadini del Sud-Italia troverebbero nel doversi rialzare il giorno dopo una tragedia come quella di Valencia con al governo l’attuale ministro delle Infrastrutture che è anche il principale promotore dell’Autonomia differenziata.

*Direttivo nazionale MET
Movimento Equità Territoriale

(2 novembre 2024)

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