di Giovanna Di Rosa
Mentre Edi Rama, primo ministro albanese, si schernisce dicendo “Tutto di competenza italiana” – e sulle spalle dei contribuenti italiani (“no so’ cazzi mia” faceva brutto); mentre Ursula Von der Leyen pronuncia il suo “un modello a cui ispirarsi” a dimostrazione della totale mancanza di modelli di questa Unione Europea da sanatorio, la nave italiana con sedici pericolosi migranti, anzi, sedici pericolosissimi migranti a bordo, alcuni bengalesi e altri egiziani, “tutti maschi” si affrettano a scrivere quello che sanno scrivere (perché il genere di appartenenza è tutto, mica scherzi), viaggia come ogni bluff sulle ali della propaganda sorretta dai denari dei contribuenti che vedono sperperare miliardi sulle navi del nulla mentre la sanità langue.
Due giorni di viaggio (50 ore, in realtà) duecentocinquantamila euro di costi – eurino più eurino meno – delocalizzazione di agenti e forze di Polizia mentre in Italia ci ammazziamo con tanta allegria per la strada come se non ci fosse domani e un’ennesimo capolavoro propagandistico che piace così tanto a diverse cancellerie europee da farci pensare che quasi certamente la nuova [sic] classe dirigente UE è di gran lunga peggiore di quella italiana.
Siamo dunque arrivati alla delocalizzazione delle migrazioni: vengono in Italia, ma voi non li vedete perché li portiamo in Albania (ma sotto giurisdizione italiana); poi li portiamo in Italia di nuovo, ma dall’Albania, e voi non li vedete; nel frattempo avremo espletato tutte le pratiche che evidentemente in Italia non possono essere espletate con velocità – pensa un po’ scoprire che la fibra albanese è più veloce: che mancanza di rispetto!; infine l’ultimo tassello: il rimpatrio.
E qui cominciano i problemi: perché quelli che escono dal loro paese di origine spesso senza documenti, poi nei loro paesi di origine non ci entrano più (ci vuole proprio un colpo di sfiga per rientrare e devo dire che io, un paio, ne conobbi). Le ragioni sono molteplici e prime fra tutte questione di nessunissima importanza come gli accordi bilaterali che non prevedendo la sudditanza necessitano di elaborati, accordi, contratti, postille, commi e addirittura, guarda fin dove si spingono, firme. Molto spesso, e assai molto più semplicemente, i loro governi non li vogliono. Comprendez-vous?
Pochissimi sono i paesi con cui l’Italia ha firmato questi accordi per il rimpatrio dei pericolosi e mordaci migranti che ora verranno ospitati in questa specie di zoo in territorio albanese, ma sotto giurisdizione italiana, e a poco conta il ceruleo nome della nave che li accompagna: Libra (chissà se nel senso zodiacale di Bilancia). A dimostrazione che in Italia si fanno sempre le cose per bene, diciamo.
Per fortuna arrivano a consolarci le dichiarazioni di Edi Rama per il quale Albania e Italia sono una coppia di fatto, cosa che dovrebbe cementare un’unione pressoché granitica. Ma ci dispiace deluderlo: in Italia le unioni di fatto si annullano con una raccomandata, dicasi pec nel caso si sia moderni.
Fine delle cronache dal nuovo Regno d’Italia e d’Albania.
(15 ottobre 2024)
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