di Giancarlo Grassi
Non avendo idea di dove prendere i miliardi di euro che servono per la legge di bilancio lacrime & sangue (quella che ci dovrebbe portare fuori dai casini dal 2027, racconta uno dei tanti ministri Giorgetti che siedono al governo, quando invece il piano di rientro deciso con l’UE di anni ne prevede sette), toccava un’ennesima distrazione di massa. L’hanno trovata e l’hanno riassunta in una parola: infami.
E’ un parolone, forte, deciso, chiaro, perfetto per il sangue che ribolle nelle vene dei Fratelli e delle Sorelle d’Italia (cognati non ce n’è più, ma ce ne saranno) che vivono la politica come una trincea dopo essere stati condannati all’invisibilità e all’opposizione per una vita. Loro. Che erano nel giusto da quando non erano neanche nati.
Così cosa c’è di meglio di parlare di 66 infami, uscendo dal presunto silenzio e dalla presunta invisibilità di una chat, gridandolo al vento (è noto a tutti, persino a quel mattacchione di Bersani, che un infame è persona che per aver compiuto azioni particolarmente turpi e spregevoli, si è resa indegna della pubblica stima, quando si dice avere contezza) per additarli al popolo votante, a suo esclusivo uso e consumo, imbarbarendoli per bene affinché alle prossime politiche – metti che il suicidio politico per dare la colpa a qualcun altro riesca anche stavolta – si intestardiscono ancora a votare chi ha promesso miracoli per due volte e non ne ha realizzato nessuno. Del resto non c’è due senza tre.
Infame, parola straordinaria e ridondante che i creativi hanno persino usato per sputtanare un vicino – la fantasia al potere, diciamo – è così il nuovo grido di dolore della presidente del Consiglio che non solo non è diventata regina d’Europa più potente di Angela Merkel come entusiasticamente proclamato da Lilli Gruber da un euforico Italo Bocchino, ma nemmeno sovranetta d’Italia, nonostante il sovranista le calzi a pennello. Ora vostra signora dei miracoli non realizzati è alle pubbliche esternazioni sul me ne andrò a causa di questi qui: ma le esternazioni, e Meloni pure (ça va sans dire tanto lei è poliglotta) hanno la memoria corta, così prima di esternare sui 66 infami che minano la stabilità del Governo e costringerebbero la presidente del Consiglio a togliersi dai piedi anzitempo (e nessuno glielo augura, l’ha tanto voluta quella poltrona che dovrebbe gustarsela fino in fondo) Meloni dovrebbe fare uno sforzo di memoria e ricordarsi chi ce li ha messi quegli infami sulle poltroncine che occupano. Un’osservazione di nessunissima importanza, naturalmente. Lanciata al vento per riempire spazi vuoti.
(9 ottobre 2024)
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