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Cos’è successo agli apritori di scatolette di tonno?

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di Marco Biondi

Eccoci di nuovo a commentare i “bisticci” di partito tra uno che vuole una cosa e uno che ne vuole un’altra. Sarà un caso, ma anche stavolta si parla di un partito in crisi, come se, meno sono i voti, più sono le divisioni su come affrontare il futuro. Ogni riferimento ai centristi non è puramente casuale.

Parliamo dei 5Stelle: il “creatore” Grillo (io ti ho fatto e io ti distruggo, direbbe la famosa coppia comica Gigi e Andrea), rivendica le radici storiche del movimento e ritiene che dovrebbero essere preservate; l’attuale gestore, Conte, vorrebbe che il Movimento fosse più simile ad un partito, con un suo posizionamento politico ben definito, ma, soprattutto, senza vincoli di numero di mandati.

Lungi da me l’idea di prendere le parti di uno o dell’altro. Per carità. Per come la penso io, potrebbero entrambi dedicarsi all’agricoltura, ma mi sembra interessante fare qualche riflessione di pura natura politica.

Come più volte detto in passato, il tentativo di un partito che scombinasse i piani della politica e mettesse in discussione gli stessi principi costituzionali che mettono, appunto, i partiti al centro della democrazia rappresentativa, aveva avuto un successo clamoroso che ha portato il MoViMento a conquistare la maggioranza relativa dei seggi.

E’ bastato sfruttare il canale social (Casaleggio ne fu l’artefice), solleticare lo scontento generale, far credere che un Paese potesse essere governato da chicchessia senza alcuna cultura né preparazione specifica, che una marea di “scontenti” si sono affrettati a votarlo.

Fu la negazione della politica, nessun posizionamento (destra e sinistra sono superati), le competenze non servono perché tanto ci sono i tecnici dei ministeri, le risorse abbondano, basta decidere come destinarle e a favore di chi. La storia – non le opinioni – ha spiegato che era tutto sbagliato. Il progressivo abbandono da parte degli elettori ha generato la necessità di proporre modifiche significative alla proposta politica. Con Conte (avvocato degli italiani e uomo per tutte le stagioni), c’è stato un posizionamento politico più definito – ora i 5Stelle sono di sinistra – e, soprattutto, il M5S ha avuto accesso al finanziamento pubblico del partito (in precedenza schifato con sdegno). Ma i cambiamenti sono praticamente finiti li – in realtà lui ne vorrebbe fare altri, tipo smontare il teorema per il quale le competenze non servono e poter quindi riproporre gli stessi candidati per più mandati parlamentari e, forse, altre cose, ma ora si scontra col volere del “fondatore”, “garante”, idolatrato e insindacabile guru.

Le mie conclusioni di natura politica sono poche e semplici.

La democrazia rappresentativa fissata nella Costituzione va preservata, almeno fino a che non ce ne inventiamo un’altra più efficace. Ma in quel caso andrebbe cambiata la Costituzione, e quindi direi che il discorso può finire lì.

Il posizionamento politico è necessario e si affianca all’idea di come destinare i fondi pubblici: spingere l’economia o sostenere i lavoratori, ampliare i diritti civili o limitarli, investire in innovazione o limitarsi alla conservazione, sostenere l’alleanza occidentale o l’espansionismo dispotico orientale. Non sono temi banali ed è indispensabile dire ai propri elettori quale sarà il posizionamento del partito una volta al potere.

Nel panorama politico attuale, il posizionamento di Conte appare una duplicazione di chi ha già dimostrato nel tempo di rappresentare certe posizioni. L’Alleanza Verdi Sinistra sembra oggi molto più credibile nel sostenere gli stessi temi che propone Conte, con la sostanziale differenza che Conte appare abbastanza vulnerabile e precario, soggetto ai capricci e ai desideri del suo padre padrone.

Sembra brutto, ma la conclusione di questo articolo è davvero banale: non vi sembra completamente inutile e sbagliato votare i 5Stelle? A me abbastanza.

 

 

(30 agosto 2024)

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