di Samuele Vegna
Il tempo e il modo per replicare tu non li avrai mai se non li cercherai da solə, se non li troverai scavando il muro della “cella Italia” con le unghie, perché provano a strangolarti in mezzo a una strada e ti sbattono a terra e ti riempiono di botte se documenti il fascismo, se documenti l’illegale, il mafioso, la corruzione, il razzismo; ti scaraventano nelle shit storm, ti distruggono la reputazione, ti ammazzano dieci volte mentre li osservi a cuore battente, e la tua vita scivolerà via se non ti farai forza, e la tua vita scivolerà via in ogni caso, se non sarai solidale con chi subisce, con chi viene bombardato.
Il caso di Andrea Joly non è un caso isolato, è oramai una cosiddetta, perenne normalità, un metodo che ci dovrebbe spingere a insemprarci come squadre di giornalistə e intellettualə unitə contro la mala politica che sta distruggendo l’Italia.
Mi fa strano essere vivo, quando sono unə di quellə che prova a documentare l’illegalità dei metodi di alcuni partiti, l’illegalità in generale in Milano e non soltanto, la criminalità; sono uno che cerca i cittadini e le cittadine e fa domande, non ho risposte preconfezionate, e non ho nemmeno domande scritte: ho la mia mente al servizio della comunità, perché l’intellettuale, il-la giornalista, questo dovrebbe fare. Indagare, poi trarne la crasi e infine, una sintesi.
La notizia è la sintesi di riprese libere, di fotografie rubate, di dichiarazioni spontanee e libere e di documentazione acquisita, in un modo o nell’altro, ma soprattutto andando laddove “non ci sarebbe permesso” e io preferisco chiedere il perdono, anziché il permesso, perché si ottiene molto, ma molto di più agendo in maniera “non del tutto etica”.
Per la cronaca, per la città, per la cittadinanza, questo ed altro, io voglio farlo, io voglio svelare anche il palese, anche il metodo utilizzato persino a sinistra, perché il fascismo è un metodo trasversale.
Ho documentato una grave aggressione in corso Buenos Aires circa un mese fa, e pochi giorni dopo ho dovuto informare la polizia che un paio di ragazzini a bordo di Smart mi ha fotografato dopo avermi seguito, sotto il portone di casa mia.
Una Smart con una targa, che ho preso, e con dei ragazzini a bordo, forse gli stessi che hanno arrestato in quel maledetto video da tre milioni di visualizzazioni dell’aggressione in pieno giorno tra due uomini e due ragazzini, che si sono presi a botte con una pertica con un chiodo all’estremità. Ragazzini che sembrano addestrati dentro Gomorra o La Paranza dei Bambini, uno letto, l’altro ascoltato come podcast, ed entrambi troppo reali per non essere nauseabondi e terrificanti, ma che raccontano delle realtà: realtà metodiche, realtà concrete, infinite, esistenti, e come direbbe una certa donna, “inaccettabili”; Elly, quando le accetteremo queste realtà, le potremo cambiare. Fino a quel momento, non ti voto.
Il giornalista italiano ha sempre meno possibilità di movimento (e sempre meno opportunità di essere pagato), e sempre meno diritti; ostaggio di querele e diffamazioni, di minacce da ogni parte. Non è mai un soggetto protetto a sufficienza, quindi, come si dovrebbe agire, se si rischia la morte, se non per vocazione? Lo scrittore, il giornalista, l’intellettuale, devono agire secondo la loro vocazione e non lasciarsi intimidire dai crudi esempi che ci presentano un salatissimo conto a livello di paura per la nostra incolumità: Serena Bortone, Andrea Joly, sono vittime di un metodo fascista, a mio vedere. Come ne sono vittima anch’io, di un processo politico che non dà via di scampo a chi esercita il mestiere dello scrivere per informare.
Querele, condanne, spese legali, corruzione, stalking oltre a tentativi possibili di estorsione di centinaia di migliaia di euro sono opera non soltanto di criminali, ma anche di quei politici senza scrupoli e loro difensori che attentano al mondo dell’informazione italiano: siamo l’unico Paese in Europa e in Occidente, dopo l’Ungheria, che sta perdendo punti nella libertà d’informazione e d’espressione, un diritto che lo Stato, dovrebbe invece garantire perché inciso a fuoco nella Costituzione, ma che da noi, sarà sempre meno tutelato se non agiamo rompendo schemi e regole troppo vecchi e prestabiliti, e insieme, unitə dal senso dell’informazione giusta, equilibrata, seria, e che dà voce a chi è trascurata da troppo tempo: la cittadinanza.
La vita non è un film o un libro già scritto, ma è qualcosa che si può cambiare, come anche la realtà, che non significa mistificare, ma cambiare sul serio. Per un futuro migliore.
(25 luglio 2024)
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