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O del vizietto di certe destre di puntare sempre sul cavallo sbagliato….

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di Giovanna Di Rosa

Sembrano passate di moda, quasi appartenere a un’altra era, le foto alla Via col Vento che regalavano cronaca degli incontri della presidente del Consiglio con l’ennesimo cavallo perdente della politica conservatrice europea, quel tristissimo Sunak al quale l’unica cosa che è riuscita è stata distruggere ciò che restava dei Conservatori inglesi, regalandosi la più cocente sconfitta degli ultimi tre lustri: 411 seggi al Labour.

E’ notizia di oggi anche Vox, quelli della performance della premier del yo soy madre, soy una mujer, soy cristiana y no me lo pueden quitar  – ¡ya verás, mujer. Ya verás! – hanno salutato il gruppo europeo di Erc, quello grazie al quale nelle parole di Italo Bocchino la presidente del Consiglio doveva essere incoronata Regina d’Europa o almeno nuova Merkel (come se non ne fosse bastata una), e si sono infilati insieme a Salvini e a un gruppuscolo di forze filo-putin nel nuovo gruppo dei Patrioti: l’annuncio di Vox (quelli di “Cambio real”) nel giorno in cui Viktor Orbán andava in visita alla casa madre al Cremlino dicendo “Qui in rappresentanza dell’UE”, senza che nessuno gli conferisse un mandato specifico per parlare con Putin a nome dei 27. E ora Bruxelles e Ungheria rischiano di andare a un nuovo scontro diretto.

Risultati di tutto questo? Uno, il primo e più eclatante: Meloni a Bruxelles è sempre più sola e anche in Italia non le sorride il mondo, tant’è vero che s’è messa a parlare di calcio. Del resto, cosa volete che dica? Salvini le si è messo di traverso; il popolo che l’ha incoronata ha già trovato un altro messia, un tal Vannacci; i suoii alleati in Europa la mollano; l’Autonomia Differenziata è il più clamoroso flop istituzionale che ci si poteva aspettare ed è chiaramente inapplicabile; il premierato rischia di crocifiggerla (al contrario dell’intelligente Legge sul presidenzialismo che giace morta in Parlamento dal 2018); opposizioni e sindacati rischiano di farla a pezzi a suon di referendum nei denti.

Non ci si stupisce che persino in Europa quelli dove era acclamata come una dea (¡una diosa, una leyenda viva!) le voltino le spalle irrispettosamente e passino ad altro. Lei è troppo istituzionale per il loro elettorato e troppo piccola, in quanto a seggi europei, per contare qualcosa. Se passa l’opzione di grande coalizione coi Verdi non servirà nemmeno più come appoggio esterno. Addio sogni di Merkel, con grande dispiacere di Bocchino. Non le resta che l’Italia alla quale dovrà spiegare, e dovrà farlo presto, come mai non c’è un soldo in cassa e la legge di Bilancio parte da meno dodici miliardi (-12 miliardi, yesssss) e mica può dire loro che quel nuovo patto di stabilità l’ha firmato anche lei. Quasi le converrebbe far saltare il tavolo da gioco. O governo che dir si voglia.

Resta da capire questa voglia incommentabile, questa tendenza inspiegabile della leader di tutte le destre, erede di Merkel mai designata (se non dai suoi) e regina d’europa dai piedi di balsa, a puntare sempre sul cavallo sbagliato.

 

 

(5 luglio 2024)

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