di Vittorio Lussana
La seconda parte dell’inchiesta di Fanpage.it ha fatto emergere un sottobosco romano di destra che, in realtà, è lo stesso di sempre, generazione dopo generazione. Si richiama alla Roma bene di un tempo. E, alla fine, non ci riguarda più di tanto, poiché a furia di riprodurre questo tipo di chiusure verso una società “brutta e cattiva”, certe famiglie della capitale hanno finito con l’allontanare da se stesse ogni forma di rielaborazione sociologica, isolandosi all’interno di una sterile retorica.
Oggi, ci si stupisce per il fatto che il Pd sia diventato il Partito dei quartieri ricchi, dai colli Parioli sino a collina Fleming, dal Pincio al rione Prati, dalla Balduina fino ad arrivare sulla via Cassia. Il fenomeno, in effetti, è abbastanza curioso, ma si è realizzato regolarmente in tutte le grandi città del Paese. Perfino nella cattolicissima Bergamo, dove la nuova sindaca del Pd, Elena Carnevali, è stata eletta al primo turno senza dover ricorrere ai ballottaggi. Tutto ciò significa, semplicemente, che il Partito democratico non è colpevole di ogni cosa, poiché anche le altre forze politiche non hanno saputo predisporre un nuovo ceto dirigente preparato e ben selezionato.
Sia come sia, in questi giorni si è mossa, finalmente, Marina Berlusconi, con un’operazione editoriale dedicata al padre. L’idea non è malvagia di per sé, ma arriva con decenni di ritardo sul fronte liberale, che storicamente cose simili le aveva sempre fatte (come nel caso de Il Mondo di Mario Pannunzio e altre iniziative di questo genere).
Purtroppo, con grande disappunto degli stessi liberali, come per esempio l’amico Alfredo Biondi – che di Forza Italia era addirittura il numero 2 – proprio nei decenni del berlusconismo venne alzato una sorta di muro invalicabile, con sopra scritto: “Con la cultura non si mangia”. Un pregiudizio che ha generato persino una forma di disistima verso le occupazioni intellettuali o di concetto: la classe media e quella delle professioni non doveva esistere più. Una specie di sadomasochismo: tutto da soli hanno fatto, senza istigazioni o suggerimenti particolari da parte di nessuno.
Insomma, divertirsi a scrivere un articolo, a impaginare una rivista o a pubblicare un saggio sociologico di complessi e paranoie giovanili, è stato, a lungo, considerato un divertissement in questo Paese. Anche se, in realtà, la logica che vi era dietro è la stessa che, oggi, sta alla base delle polemiche contro la direttiva sulle case green: i liberali sono dei gran taccagni, perfino rispetto ai genovesi o agli stessi scozzesi. Alla fin fine, ha dovuto pensarci Marina, probabilmente sotto consiglio di qualcuno: meglio tardi che mai…
All’estrema destra, invece, non sono state pensate nemmeno operazioni di questo tipo. Venne fatto un tentativo con la rivista Area, dopo una severa diagnosi da parte del sottoscritto e del tanto vituperato Marcello De Angelis: non emergeva una cultura di destra più moderna e adatta ai tempi. Tuttavia, anche l’esperimento di Area venne presto abbandonato a se stesso. Eppure, la materia prima c’era: eccome se c’era.
Ci sono ottime persone anche a destra. Come, per esempio, la vicedirettrice del “Secolo d’Italia”, Annalisa Terranova, che ha compreso perfettamente le indicazioni provenienti dagli ambienti altri e che, non a caso, parla coerentemente di “processo di storicizzazione del fascismo, per riconsegnarlo definitivamente alla Storia”. E ci sono anche colleghe di tutto rispetto, come per esempio l’amatissima Flavia Perina, la quale ha coraggiosamente condiviso insieme a me il doloroso tracollo depressivo di Roberta Tatafiore: un’intellettuale femminista di grandissimo spessore. Perché, nel frattempo, aveva preso piede anche questa patologia della mente: la sindrome depressiva. La quale, è stata a lungo tenuta nascosta sotto al tappeto, nonostante riguardasse praticamente tutti, a destra come a sinistra.
Non bastano i soldi e un’occupazione di prestigio a combattere le varie sindromi psicologiche di cui hanno sofferto e ancora soffrono molti personaggi di rilievo: questo è senz’altro vero. Tuttavia, una logica di mera apparenza e di materialismo privo di retroterra ha contribuito a mantenere libero da ogni guinzaglio il cane nero della depressione. Un problema che il sottoscritto non ha mai avuto (almeno questo…), proprio grazie al mio tanto criticato caratteraccio: una forma di energia spirituale che in pochi hanno compreso. Ma non fa niente: sono tante le cose che gli italiani non capiscono, persino tra i colleghi. Perché non siamo un popolo di persone intelligenti, bensì gente convinta di essere furba, mentre invece non lo siamo affatto.
Per proteggersi dagli assalti della depressione è buona cosa reagire, nascondendosi dietro all’intelligenza. E per far questo, scrivere diventa la principale via di fuga, poiché consente di immergersi in tonnellate di pezzi freddi da tirar fuori al momento opportuno. Si guarisce anche così dalla depressione, che non è affatto una patologia dettata dalla propria condizione economica. Al contrario, personaggi come Vittorio Gassman, un vero e proprio animale del Teatro di rappresentazione, ne hanno sofferto a lungo, pur continuando a rimanere sulla breccia.
Insomma, la sindrome depressiva non è un problema da sottostimare. Altrimenti, si finisce con l’illudere le persone, per poi liberarsene non appena si scopre che esse entrano in crisi con se stesse e la propria esistenza. Formulare affermazioni del tipo “oggi c’è l’intelligenza artificale: è inutile che vi mettiate a fare i giornalisti, tanto sarete ben presto sostituiti da una macchina che farà ogni cosa meglio di voi” è semplicemente da criminali. Alimentare un “pensiero pensante”, che dunque sia in grado di pensare anche se stesso in una forma realmente liberale, non è un qualcosa che possa essere appiattito sul semplice modernismo dello sviluppo tecnologico. Soprattutto, quando quest’ultimo è funzionale unicamente a se stesso. Si tratta di un processo che andrebbe, semplicemente, accompagnato. E ciò lo si può fare abbassando i costi: è questa la soluzione che ci fornisce il web.
Internet non è affatto il mondo del tutto gratis: ci sono delle spese anche in rete. Più contenute, ma ci sono. Altrimenti, non ci si può lamentare se le nostre figliole più graziose e i nostri figlioli più insospettabili finiscono col crearsi un avatar su Onlyfan. Bisogna darsi una mossa, ragazzi. Anche con cose piccole: i podcast, i siti web, i video su YouTube e tutte le svariate opportunità che i nuovi mezzi di comunicazione ci offrono.
“Tutto il resto è noia”, cantava per le vie di Testaccio un caro vecchio amico. Il quale, avrà anche avuto i suoi problemi, ma non era affatto una zucca vuota…
(28 giugno 2024)
©gaiaitalia.com 2024 – diritti riservati, riproduzione vietata