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La lunga cavalcata elettorale ha un vero vincitore di cui nessuno parla e vale oltre il 50%

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di Marco Biondi

E’ finita. La lunga cavalcata elettorale che ha portato al voto la bellezza di 373 milioni di elettori si è appena conclusa e, seppure con risultati ancora da confermare nel dettaglio, oggi abbiamo già tutti gli elementi per commentare come sia andata. Il solito vincitore è purtroppo l’astensionismo. Degli eventi diritto solo il 48,21% globale ha espresso il suo voto, risultando l’astensione il “partito” prescelto.

Possiamo dire che tutto il mondo è paese, detto ereditato dai nostri nonni. L’Italia non ha fatto tanto meglio, col suo 49,69% di partecipazione. In totale l’Europa è passata dal 54,5% del 2019 al 48,21% attuale. C’è poco di cui gioire. D’altra parte credo si possa affermare che i partiti un po’ se la siano cercata. Tra quelli che hanno puntato tutto su interessi molto locali, ignorando quasi completamente l’essenza stessa di queste elezioni, e quelli che hanno espresso quasi un disinteresse all’esistenza stessa della Comunità, non stupisce che molti abbiano optato per una giornata al mare.

Ma vediamo in che contesto siamo arrivati a questa consultazione. Penso sia innegabile che la guerra tra Russia e Ucraina sia l’argomento più dirimente e significativo che ha pesantemente condizionato le scelte degli elettori. Permettetemi però, alcune considerazioni a latere. Il Mondo, si sa, gira attorno a interessi economici prima che politici. O meglio, l’economia tende, da sempre, a servirsi della politica. Ma la ricetta in economia è spesso quella che connota la posizione politica di un partito.

L’occidente economico, inteso principalmente come Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone e Europa, rappresenta oggi un blocco molto meno potente rispetto a qualche decennio fa. La crescita impetuosa delle potenze orientali che hanno trovato una sponda importante nella Russia e che hanno colonizzato, economicamente, buona parte dell’Africa, ne ha pesantemente diminuito l’importanza strategica. E questo è stato consentito e agevolato proprio dall’occidente, Europa in primis. Gli occidentali hanno esportato in Cina le loro tecnologie portando le produzioni dei loro marchi in oriente. Il motivo è stato abbastanza semplice: l’obiettivo era di risparmiare sulle loro produzioni in modo da aumentare sensibilmente il margine operativo, senza che i consumatori ne traessero sostanzialmente beneficio. La conseguenza di queste decisioni, certamente piuttosto miopi, è che ora la Cina è in grado di produrre praticamente qualsiasi bene, a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli occidentali. Questa evoluzione avvenuta negli ultimi anni ha consentito, tra l’altro, alla Russia di stringere ulteriormente accordi commerciali con Cina e India in modo da consentirle superare brillantemente le sanzioni nell’import-export nei confronti dell’occidente. E sempre per attingere alla vecchia cultura popolare, “chi è causa del suo male, pianga se stesso”. Chi si pensava più furbo degli altri e non ha avuto remore a speculare su un mercato del lavoro povero, privo di garanzie e tutele, solo per migliorare la propria sete di guadagno, ha creato un concorrente che non esisteva e che oggi ha consentito di rendere inefficaci le misure economiche che avrebbero potuto disinnescare la tremenda minaccia di un nuovo conflitto mondiale.

In tale situazione, l’Europa avrebbe dovuto fare cose che non ha avuto la forza di fare.

  1. Doveva presentarsi come un blocco unico e compatto che difende i propri interessi. Non l’ha potuto fare perché al suo interno ci sono dei paesi con amministrazioni filo putiniane (e certamente non per posizioni politiche disinteressate) che non lo consentono e perché si è dotata di un regolamento che consente a qualunque Paese il diritto di veto.
  2. Avrebbe dovuto avere una leadership decisa e riconosciuta che potesse presentare modifiche sostanziali ai regolamenti in essere, pena, per chi non fosse d’accordo, la sua uscita dalla Comunità. Spero ci si possa porre rimedio con la nuova Commissione.
  3. Una volta guadagnata l’autonomia verso la Russia, avrebbe poi dovuto dotarsi di un sistema di difesa unico, in grado di proteggere adeguatamente i confini e rappresentare, per chiunque avesse mire espansionistiche, un deterrente importante.

Doveva essere fatto, ma nulla è successo. E ora siamo, ancora, purtroppo, esposti a rischi nemmeno lontanamente immaginabili sono qualche anno fa. Il fatto poi che si sia andati al voto senza sapere, a priori, a quale coalizione ambisca ogni partito, lascia la sensazione che continua ad essere verissimo e sempre attuale il detto per il quale “la politica è l’arte del possibile”. Ma vediamo come si sono presentati i vari partiti a questo appuntamento elettorale.

Nella politica tradizionale, la collocazione di un partito è stata quasi sempre legata alla ricetta economica e sociale che proponeva. A grandi linee, semplificando molto, una politica a favore dell’imprenditoria e dell’industria apparteneva alla destra liberale, mentre politiche con maggior attenzione al sociale sono sempre state elementi caratterizzanti dei partiti di sinistra. Non che una fosse sempre necessariamente sbagliata e l’altra giusta. A seconda dei momenti dell’economia, misure che incentivassero la creazione di posti di lavoro potevano essere preferibili rispetto a quelle che tendevano a migliorare la condizione economico-sociale dei lavoratori e viceversa. In fondo, avere tanti lavoratori occupati con retribuzioni adeguate, aiuta ad aumentare i consumi, e quindi la produzione, mentre, in altri momenti, per far fronte alla concorrenza di mercati con costi di produzione più bassi, può essere più conveniente ridurre i prezzi al consumo, a scapito di salari più bassi o maggiore produttività.

Le frange estremiste, dopo le drammatiche esperienze dittatoriali della prima metà del secolo scorso, ricevevano saltuariamente più o meno attenzione, ma raramente in maniera tale da poter ambire a posizioni di potere. Questo fino a pochi anni fa.

Tutto ciò si è miseramente frantumato con l’avvento dei social. Quando la politica è sbarcata su strumenti che consentivano di raggiungere facilmente e a basso costo larghissime rappresentanze di elettori. Questa comunicazione così semplice, immediata ed economica, ha consentito il proliferare di campagne che hanno lasciato largo spazio all’odio, alle fake news, fino all’incitamento alla violenza e nessun paese ne è stato ovviamente esente. Mancano prove documentate, ma sembra proprio che dietro queste campagne possano esserci, come sovente accade, interessi economico-politici, addirittura generati da Paesi estranei alla Comunità Europea. Quanto sta accadendo in Ucraina, apparentemente certifica l’interesse della Russia a che prevalgano partiti e/o movimenti che consentano lo spostamento dell’asse politico da occidente verso oriente.

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita e alla crescita rapida di movimenti e/o partiti che, sorti quasi dal nulla e dall’iniziativa isolata di politici fuori dal grande giro pseudo governativo, sono esplosi nel consenso popolare, spinti proprio da una massiccia comunicazione tramite social. Gli esiti sono stati devastanti.

Bastano un paio di esempi per rendere l’idea di cosa stiamo parlando. Farage ha letteralmente portato il Regno Unito fuori dalla Comunità Europea, esclusivamente attraverso una campagna basata su falsità e che adesso il popolo britannico si trova a pagare (e ora che sente odore di elezioni a vittoria Labour pensa di rientrare in politica).

I cinquestelle in Italia sono arrivati a ottenere un terzo dei voti dell’elettorato, partendo dalle farneticazioni di un comico sul viale del tramonto. La loro esperienza governativa ha prodotto risultati drammatici, portando il nostro Paese a essere deriso da tutti per i danni provocati al bilancio dello Stato. Il “reddito di cittadinanza” istituito senza controlli e senza la sufficiente solidità del bilancio dello Stato, e il superbonus 110% che grazie al suo meccanismo che ha esentato i fruitori del bonus dalla partecipazione alla spesa, ha generato aumenti vorticosi dei prezzi di opere e attrezzature, raddoppiati quando non triplicati, e hanno causato un aggravio al deficit statale di svariati miliardi di Euro. Secondo uno studio del CNDCEC (studi di commercialisti) lo Stato ha subito per il solo Superbonus 110% un costo lordo di oltre 28.126 milioni di Euro solo per l’anno 2021. Proseguendo nell’analisi della situazione nella quale si è arrivati al voto, credo sia interessante notare come le posizioni assunte dai Partiti nei loro Paesi non sempre corrispondono a quelle che esprimono i raggruppamenti del Parlamento Europeo. Ad esempio, perché in Europa, la Lega sta insieme al partito della Le Pen e Meloni insieme ai conservatori, mentre da noi sono in coalizione contro centristi e sinistre?

Fino a prova contraria, in Europa il raggruppamento al quale appartiene il partito dei Fratelli, sorelle e cognati d’Italia, è costituito prevalentemente da partiti moderati e centristi. E’ quindi giustificato che sia al Governo con un partito che le sta all’opposizione in Europa? Un partito che, nel recente passato, ha fatto campagna per l’uscita dalla Comunità Europea? Inoltre, il fatto che la grande maggioranza dei nostri partiti abbia trattato pochi temi relativi alle politiche europee per privilegiare logiche locali, neppure le votazioni fossero un mega sondaggio sul gradimento del Governo attuale e dei suoi partiti, non può certo aver incentivato a partecipare al voto di un organismo – il Parlamento Europeo – del quale nella propaganda elettorale quasi non si è parlato. Che senso ha poi che si siano presentati al voto dei partiti dichiaratamente anti-europeisti che chiedono il voto per eleggere propri rappresentanti da mandare al Parlamento Europeo? Sarebbe come se un convinto assertore della dieta vegana, decidesse di aprire una macelleria.

All’interno di questo panorama, quanto è successo si può tranquillamente sintetizzare in poche considerazioni.

I partiti di estrema destra hanno conquistato una fetta importante del Parlamento Europeo. Fortunatamente non ancora sufficiente ad averne la maggioranza, ma se il trend è quello al quale stiamo assistendo, questa evoluzione non può essere esclusa nel prossimo futuro.

La memoria storica si sta perdendo e l’inesorabile tramonto delle generazioni che hanno vissuto e conosciuto da vicino le nefandezze dei regimi fascista e nazista, sta lasciando spazio alle illusorie promesse dei nuovi partiti di destra.

Si sta affermando un orientamento all’isolamento delle nazioni europee anziché la volontà di spingere sempre di più verso la loro aggregazione.

Non possiamo non dubitare che, a monte di questo fenomeno, non ci sia l’interesse di Russia e Cina, affinché l’Europa perda il proprio potere economico-politico, e torni ad essere terra di conquista, come fu nel secolo scorso. In fondo basterebbe studiare la storia per capire quanto sia pericolosa la strada intrapresa, ma anche questo, oggi, sembra rappresentare una difficoltà insormontabile.

In Italia, per tornarci, questa evoluzione sta assumendo toni ancora più preoccupanti, perché le posizioni di estrema destra sono camuffate nelle parole, ma non nei fatti. Giorgia Meloni presenta se stessa e il suo partito con posizioni in apparenza moderate, ma poi compie azioni e presenta politici che si richiamano sfrontatamente al famigerato ventennio fascista.

L’alternativa al governo di destra, sembra si stia delineando in modo meno fragile di quanto potesse sembrare. Il PD sta recuperando parte dei consensi persi a favore del M5S, ora sceso sotto al 10%. Fino a che l’elettorato di sinistra continuerà a vedere nel Movimento 5 Stelle una soluzione efficace, permarrà una situazione ambigua che minerà le possibilità di successo dell’alternativa al Governo delle destre. In fondo basta ricordare che il leit motiv di programma nelle elezioni Europee del M5S era di abbandonare a se stessa la resistenza ucraina, spianando la strada alle mire espansionistiche russe.

I centristi hanno perso e non saranno rappresentati nel Parlamento Europeo. Inutile continuare a ricordare quanto siano stati dannosi i personalismi che ne hanno impedito l’aggregazione. Meraviglia piuttosto che continui a prevalere nei votanti di Azione la convinzione che la colpa sia tutta dall’altra parte. Nel momento in cui il progetto, ex “terzo polo” è stato ripreso da Emma Bonino con la sua +Europa, che ha lanciato l’unica proposta davvero innovativa degli Stati Uniti d’Europa, il dire “io non ci sto perché c’è lui” ha molto poco di politico e molto, troppo, di liceale viziato.

La conclusione è abbastanza amara; sono state elezioni che hanno creato uno sconquasso, fatto cadere governi, lasciato macerie sulle quali sarà difficile ricostruire. Ma, al di la, delle posizioni politiche più o meno esplicite dei vincitori, l’Europa che esce col nuovo Parlamento avrà un compito molto difficile e imprescindibile: difendere il nostro territorio impedendo la vittoria della Russia in Ucraina, costruire una sistema di difesa saldo ed efficiente, e proteggersi dall’intrusione in politica e nella comunicazione spicciola, di chi ha solo il grande interesse a far perdere potere alle democrazia occidentali.

Io, intanto, nel mio piccolo, ho smesso di consumare vodka e involtini primavera. Sarà poco, ma almeno è l’inizio.

 

 

(11 giugno 2024)

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