di Claudio Desirò
Il caso Ilaria Salis, attualmente in regime di detenzione preventiva in Ungheria, in attesa sia portato a termine il processo penale per aggressione nei suoi confronti, sta evidenziando una volta ancora tutto l’ideologismo e l’attitudine alla strumentalizzazione della sinistra italiana contemporanea, a partire dal PD.
Impegnato in una lotta senza fine ad un fascismo immaginario ed a sventolare ogni singola bandierina ideologica che gli si presenta davanti per nascondere il vuoto di contenuti e di idee che lo contraddistingue, l’attuale sinistra-centro, impregnato dal profondo radical-populismo intrapreso fin dai primi giorni della segreteria sardin-grillina a firma Schlein, non ha perso l’occasione di tentare di trasformare il caso della nostra connazionale in un caso politico e la stessa Salis, partita appositamente dal nostro Paese alla volta di Budapest per impedire in ogni modo una manifestazione della destra locale, in una paladina della libertà.
Contemporaneamente, mentre nel nostro Paese lo stesso sinistra-centro denuncia presunti tentativi di ingerenze politiche nella sfera del potere giudiziario, pretenderebbe un intervento politico nei confronti del Governo Ungherese e del suo sistema processuale, mostrando nel più classico cliché dei due pesi e due misure, di non disdegnare trattamenti particolari per coloro che ritiene essere, più o meno direttamente, propri rappresentanti.
Certo, le immagini della Salis portata in catene in un’aula giudiziaria sono immagini forti e lontane da ciò che ci si augura possa essere un regime detentivo in linea con parametri occidentali e democratici, ma non possono essere considerate un caso unicamente ungherese e, tantomeno, possono portare lezioni di condizioni di detenzione ideale provenienti dal nostro Paese, soprattutto da parte di esponenti e partiti che lo hanno governato negli ultimi decenni. Un Paese, il nostro, condannato decine di volte negli ultimi anni proprio per le condizioni di detenzione che contraddistinguono il sistema penitenziario, tra strutture cadenti, sovraffollamento, carenza di personale e di risorse. Un sistema carceri all’interno del quale si susseguono quasi quotidianamente i suicidi in cella, spesso frutto di regimi detentivi inadeguati per soggetti con criticità sanitarie e psicologiche, del quale il PD e la sinistra italiana si sono scordati di occuparsi nei loro lunghissimi anni di Governo, dimenticandosi di coloro che sono sottoposti a trattamenti giudicati disumani dalla Corte Internazionale dei Diritti dell’Uomo. Una sinistra radical-populista che oggi vorrebbe dare lezioni all’Ungheria, ma che si è voltata dall’altra parte quando ha avuto la possibilità di occuparsi concretamente del tema nel nostro Paese e che ancora oggi, quando avrebbe le carte in regola per provare a proporre concrete misure per chiudere la falla del sistema carceri italiano, preferisce concentrarsi su un caso di un singolo da trasformare in propaganda.
Nel frattempo, oltre la Salis, altri 2000 nostri connazionali sono detenuti all’estero, ma nessun esponente della sinistra moralizzatrice si preoccupa di loro e nessuno ne contatta i familiari o immagina di candidarli alle Elezioni Europee.
(5 aprile 2024)
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