di Lorenza Morello
Il reato di abuso d’ufficio, previsto dall’ art. 323 cp, punisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, procura intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o arreca ad altri un danno ingiusto.
Con il voto degli emendamenti all’art. 1 del ddl Nordio, concluso in Senato il 10 gennaio 2024, arriva il via libera all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio.
La scelta è stata voluta da tutta la maggioranza e da Italia Viva.
Il dato statistico, rileva che il 92-93% delle indagini relative all’abuso di ufficio finisce in archiviazione, proscioglimento o assoluzione. Numeri che sembrano avvalorare l’inutilità della previsione penale appena abrogata, ma che andrebbero meglio letti, correlandoli agli effetti dell’ultima modifica della fattispecie avvenuta nel 2020 quando, con il “decreto semplificazioni “ la norma ha subito un significativo restringimento dell’ambito della condotta punita (nella precedente formulazione infatti bastava la violazione di un regolamento per far scattare il reato mentre attualmente è necessaria la violazione di una regola di condotta espressamente prevista dalla legge o da un atto avente forza di legge, e che non lasci spazi di discrezionalità.). L’obiettivo dichiarato del decreto era quello di promuovere la ripresa economica del Paese dopo il blocco delle attività produttive determinato dalla pandemia.
Nonostante la modifica del 2020, nel dibattito politico si è continuato a sostenere la necessità della totale abrogazione del reato, come unica possibilità per correggere il fenomeno c.d. della “amministrazione difensiva, cioè di quell’ approccio alla gestione della cosa pubblica da parte dei funzionari caratterizzato da una cautela eccessiva fino alla paralisi decisionale, per il rischio di incorrere nell’apertura di un’indagine penale.
L’opportunità della totale abrogazione del reato è sostenuta da quanti osservano come, nonostante l’intervento correttivo, la giurisprudenza continui ad ampliare le maglie di applicazione concreta della norma, in controtendenza con le intenzioni del legislatore. Ma l’approvazione in Europa della proposta di direttiva del 3 maggio 2023, potrebbe costringere l’Italia a tornare sui propri passi ed introdurre di nuovo la fattispecie appena cancellata.
(12 gennaio 2024)
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