Fonti dell’esercito israeliano parlano di blocchi di Hamas che impediscono la fuga dei palestinesi dalla striscia di Gaza, palestinesi dei quali sembra importare sempre meno a tutti gli attori del conflitto, quelli visibili e quelli occulti. Suonano le sirene ad Alma e Avnei Eitan: al confine con il Libano la prima, al confine con la Siria la seconda. Sirene anche a Tel Aviv e nel centro di Israele.
Pochi i dettagli sull’attacco di Israele in atto mentre scriviamo, ma trapelano le intenzioni del futuro prossimo venturo, ammesso che ce ne sarà uno, che parlano di una striscia di Gaza molto più stretta così che i palestinesi che la abitano prigionieri di Hamas da un lato e di Israele dall’altro possano imparare a vivere uno sull’altro.
“Dobbiamo rendere chiaro a tutti che chiunque inizi una guerra contro Israele deve perdere il territorio”, è l’editto del ministro della Difesa. Si esprime poco su cosa dovrebbe succedere a chi i terreni dove vivono gli altri li occupa.
Nel frattempo, tra un editto e l’altro, sfugge ai più che i parenti degli ostaggi israeliani di Hamas stanno chiedendo a gran voce le dimissioni di Netanyahu. Poi, per fare stare zitte tutte le voci, il solito balletto dei numeri. Finti, c’è da credere, e francamente c’è poco altro da dire. Se non che sarebbe il caso di fare attenzione alle grida di incitamento che giungono da Al Qaeda, che seppur silente, almeno tale appare ai media occidentali, non è certo dormiente. La situazione non è semplice e per quanto si commenti, sarebbe sempre meglio tenere la bocca chiusa e lavorare sul serio perché nulla di simile accada più di nuovo.
(14 ottobre 2023)
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