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Di fronte a questo ceto politico, meglio l’intelligenza artificiale

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di Vittorio Lussana

“Ahi, serva Italia di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello”, scrisse il poeta. Ma questo bordello non lo notiamo solo nell’Italietta da caserma delle nostre destre, ma anche nella testa di Matteo Salvini quando parla dell’immigrazione come “atto di guerra”, in quanto fenomeno che avviene con “la regia di qualcuno, che vuol mettere l’Italia in difficoltà”. Un materialismo spicciolo, praticamente. Un vuoto meccanicismo, che produce verità automatiche: c’è sempre un nemico da qualche parte, basta cercarlo. Così come hanno cercato Matteo Messina Denaro, il quale per 30 anni ha potuto vivere tranquillamente in casa sua. L’esempio più classico di una classe politica che non serve a nulla, incapace di indagare qualsiasi fenomeno. Eppure, si continua a far finta di non capire che dovremmo smetterla di farci governare da personaggi puramente estemporanei come Matteo Salvini.

Tutto questo avviene all’alba di uno sviluppo tecnologico che spedirà letteralmente in soffitta persino le più fosche profezie di Isaac Asimov. Questo divulgatore scientifico, da una parte è riuscito a prevedere quasi tutte le invenzioni che, oggi, agevolano la nostra vita: dall’Iphone ai collegamenti satellitari, sino alla ricostruzione dei nostri organi anatomici e all’intelligenza artificiale; dall’altra, ha paventato, come epilogo finale della Storia, l’avvento delle macchine, le quali sarebbero destinate a prendere definitivamente il sopravvento sull’uomo. Una teoria apocalittica, che trova origine dal presupposto strategico-militare di un progresso basato sulle scienze sociali vincitore di innumerevoli battaglie, ma destinato a perdere la guerra contro la tecnologia.

Viceversa, il fenomeno in atto è quello di una sempre più compatibile armonizzazione tra la cibernetica e l’uomo. Una simbiosi che non invade affatto i territori del meccanicismo. Una cosa sarà sempre una cosa: essa non potrà mai formulare un pensiero; non riuscirà mai a provare alcun sentimento; non s’innalzerà mai al livello dello spirito. Perché “chi nasce dalla carne è carne, ma chi nasce dallo spirito è spirito”, disse una volta qualcuno. Di fronte a ChatGpt, noi non siamo soggetti politici, ma oggetti d’analisi da parte delle macchine. Un ribaltamento non solo logico, ma anche pratico: una rivoluzione vera, finalmente.

L’uomo potrà anche trasformarsi, un giorno, in una macchina in grado di non sentire alcun dolore e nessun tipo di felicità, poiché si abituerà a prestazioni sempre perfette, in ogni aspetto della vita quotidiana. Ma ciò lo condurrà a prendere atto anche dei limiti della tecnologia, constatando quello che, personalmente, definisco punto di caduta. Le nostre automobili, per quanto sempre più moderne e avanzate, sono destinate a essere superate da altri modelli ancor più all’avanguardia. E tutti gli autoveicoli che l’uomo sarà in grado di perfezionare, migliorare o reinventare, terminato il loro ciclo ci abbandoneranno per la strada, costringendoci a riutilizzare le nostre gambe per tornarcene a casa.

In campo medico-sanitario, l’introduzione delle tecnologie, della cibernetica e persino della riproduzione in 3D dei nostri organi vitali, non potrà far altro che favorire un sempre più deciso prolungamento della vita umana e, come conseguenza, un problema di sovrappopolazione terrestre: lo capirebbe persino un bambino. Ma per quanto clonati o sostenuti da organi meccanici, continueremo a essere destinati a morire o, probabilmente, a essere imballati e immagazzinati.

Non potendo modificare il nostro destino di esseri mortali, il fato stesso – o chi per lui – ci concederà sempre l’illusione di riuscire a prenderci giuoco della morte, poiché consapevole che il momento del game over giungerà in ogni caso. Pertanto, tutte queste paure che ci portano a teorizzare l’esigenza di un controllo etico sulla tecnologia e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sono, in buona parte, immotivate. Soltanto una questione potrà aprirsi veramente, in un lontano futuro, ma non si tratta affatto di un problema materiale, bensì psicologico: vivendo sempre più a lungo, potrebbe crearsi, dentro di noi, una noia inaspettata e profondissima, al confine con la depressione più plumbea e disperata.

Giunti a un determinato punto della nostra esistenza, potremmo essere noi stessi a chiedere di porre un termine al nostro percorso terreno. Siamo ormai di fronte all’avvento della biopolitica, che può essere gestita e governata solo dalla responsabilità individuale. Ogni cittadino dovrà comprendere che di fronte a fenomeni giganteschi come l’immigrazione, i cambiamenti climatici e l’intelligenza artificiale, di gente irresponsabile, che passa la vita a cercare un nemico contro cui scaricare ogni responsabilità, non sapremo che farcene. E le cose già stanno volgendo in questa direzione.

Siamo all’avvento di una sorta di teologica politica: una questione che sottende, da una parte, che il male debba essere trattenuto almeno in parte al fine di comprenderlo, mentre il bene non sistemerà mai del tutto le cose.

Di fronte a simili complessità, la demagogia criminale non serve a un bel niente. E anzi, come dimostrato dai fatti di Lampedusa, la situazione comincerà a delineare la figura del vero colpevole: Matteo Salvini.

 

(15 settembre 2023)

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