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E se un domani qualche Cottarelli a caso, o un altro di uguale preparazione, in un post-elezioni qualsiasi….

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di Marco Biondi

Ci vuole occhio a discriminare le “notizie” messe in giro per fare casino, da quelle vere, quelle che ci dicono cosa sta succedendo lassù in cima, da Palazzo Chigi alle Camere. Però, se ci si applica, non è difficile: dai rave party da regolare, al salario minimo del quale discutere, all’inasprimento delle pene per i delitti del giorno e per finire alle riforme istituzionali, è tutto un chiacchiericcio inutile, che non porta a nulla e non dice nulla.

Bolle di sapone che si gonfiano, chi più chi meno, per poi scoppiare, senza che resti alcuna traccia se non sul terreno reso sdrucciolevole. Le notizie che danno un’indicazione di come si stia muovendo la politica, ci sono. Basta cercarle. Visto che siamo in una campagna elettorale permanente, dobbiamo anche togliere le “promesse elettorali”.

Salvini è il campione del mondo delle promesse elettorali, dispensate giornalmente. Ha persino superato la buonanima di Berlusconi. Basta ricordarne qualcuna:dal latte dei sardi, ai rimpatri, alle accise sulla benzina, per capire quanto è vacuo il pensiero salviniano. Qualcuno si lamenta di qualcosa? Eccoci qua a promettere che, se fosse per noi, avrebbero di tutto e di più. Certo che se poi ti capita che, dopo aver vinto le elezioni, Ministro dell’Economia diventi proprio un leghista che, sotto finanziaria, se ne esce con un serafico “Toh! Soldi non ce n’è per fare le cose che abbiamo promesso, ops, scusate, che vorremmo fare!” come se fosse appena sbarcato da un gommone di profughi libici, allora la cosa diventa ancora più imbarazzante. Se poi, quello stesso ministro era anche nel governo precedente (non poteva non conoscere i conti dello Stato), allora l’imbarazzo cresce ulteriormente. Però, alcuni di questi signori qui, l’imbarazzo non lo conoscono.

Le definizioni divenute famose di Giachetti rivolte a qualcuno di sinistra, si potrebbero dispensare a mani basse, ma siamo signori e non lo facciamo.

Dunque abbiamo capito come funziona: la destra prima prende i voti e poi litiga. Cercano di occupare il maggior spazio politico possibile, anche scambiandosi posti. Ora Meloni in Italia fa la moderata e in Europa parla con Vox e con Le Pen. Forza Italia cerca spazio tra i popolari, ma sostiene le politiche della destra più conservatrice. Salvini è sempre all’opposizione, anche di se stesso. Insomma persone “per tutte le stagioni” da far impallidire il fantasma di Andreotti. Però, loro, le elezioni le vincono.

La sinistra, o autodefinita tale, le elezioni le perde regolarmente, o, al massimo, le pareggia. Perché, appena si avvicina il voto, da quello per il condominio, alle elezioni europee, la prima cosa che fanno è mettersi a litigare. E partono i distinguo, tra chi è di sinistra e chi è di centro, e se non sei di sinistra, vuol dire che ti vuoi alleare con la destra, e se sei di sinistra riformista non puoi stare con quello della sinistra integralista. Insomma se sono in quattro a parlare, riescono a spiegarci che hanno cinque opinioni diverse. E più appartengono a partiti piccoli e più la frazione si allarga. Quanto è stato capace di fare Calenda negli ultimi due anni è da record del mondo. Si è alleato con +Europa, ci ha fatto un accordo dal quale si è dissociato dopo una settimana, ha dichiarato al mondo di voler creare il “Terzo Polo” in modo che andasse oltre i personalismi, e poi ha cambiato idea, non una ma due volte. Prima dopo le elezioni per l’amministrazione di Roma, alleato in campagna elettorale con Italia Viva, poi scaricata dopo il voto, e poi con la federazione di centro, mandata a gambe all’aria appena iniziava ad avere un minimo di consenso popolare.

Se cercasse di rientrare nel PD, nessuno potrebbe meravigliarsi. Verrebbe fuori che era un “infiltrato” col mandato di non far nascere una coalizione centrista.

Da Renzi si scostano tutti. Sarà il carattere, sarà per un’indubbia capacità che tende a mettere in ombra qualsiasi avversario (infatti chiede dei confronti che nessuno gli concede), sarà per la tendenza a decidere tutto lui, fatto sta che non riesce ad avere un alleato che duri più di qualche ora. Al centro c’è apparentemente uno spazio enorme da riempire, ma nessuno sembra in grado di contenderlo. Se però torniamo all’attuale maggioranza, scopriamo un sacco di problemi: le promesse elettorali saranno tutte disattese o quasi. Soldi non ce n’è, l’economia ha smesso di “tirare”, i debiti sono cresciuti a dismisura, tra Covid e Superbonus, i progetti del PNRR sembrano in affanno, per quel poco che ci fanno capire, le tasse non le possono aumentare altrimenti perdono i voti della destra. Sarà una finanziaria “fantasia”.

La stessa fantasia serve per valutare l’efficacia di Governo che avendo Ministri capi partito, troppo spesso si trova impelagata nelle faccende da capi partito che dimenticano di fare i ministri. E ancora una volta il Salvini, in prima fila, si distinge. Va al festival di Venezia invece di farsi vedere dove le sue “infrastrutture” fanno strage di lavoratori, taglia progetti al sud per finanziare quelli del nord e intanto, invece di mitigare queste scelte, gioca a fare il ministro dell’Interno e sfonda su temi che riguardano la giustizia. Tajani, ministro degli esteri, parla solo di cose italiane. All’estero gli capita di accompagnare la Meloni, ma forse con poco spazio di parola. E Meloni, che per ora ha sistemato tutti i suoi, ha colonizzato la Rai (strano, non l’ha mai fatto nessuno) e finge di non meravigliarsi per le “fantasiose posizioni” del compagno, uomo di punta in televisione. Nel frattempo, visto che le cose da fare non mancano, chiede alla sorella di darle una mano. E quella, pare a malincuore, si sacrifica: candidarsi alle europee, perché no, se serve. Occuparsi del partito? Ma si dai, già che ci siamo. Ma, agli occhi di chi l’ha votata, forse la nostra premier inizia a perdere punti.

In questo bailamme, tra chi ha paura di perdere voti al centro (Forza Italia) e chi si sta sbattendo per perdere meno voti possibile (si, Salvini, parlo di lei), l’azione di Governo è semi paralizzata. E dopo la finanziaria cosa succederà? Tutti chiedono soldi, che non ci sono, e si rischia che scoprano quanto era bello stare all’opposizione e promettere la benzina a un euro, il latte ai sardi a un euro, le pensioni minime a mille euro.

Quello che potrebbe quindi accadere è proprio che, dopo una finanziaria al risparmio, qualcuno decida di ritirare l’appoggio al Governo. E che, ricacci fuori un qualche Cottarelli qualsiasi che possa essere chiamato per togliere le castagne dal fuoco, (magari proprio nell’autunno 2024, subito dopo le Europee). Cosa che potrebbe essere saggio non escludere affatto.

 

 

(6 giugno 2023)

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