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Col caldo che fa anche i ricchi si surriscaldano

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di Vanni Sgaravatti

Il pianeta, il cambiamento climatico, le metamorfosi dell’umanità, arrivano alla percezione degli umani, in particolare occidentali, attraverso l’intermediario tecnologico, la televisione e altri ben noti media. E poi ancora arrivano attraverso i dibattiti, i talk show, le discussioni delle diverse tifoserie che sembrano più serie di quelle calcistiche perché hanno l’etichetta: “politico”. Allora, nella nostra cognizione, ci sentiamo parti del mondo, ci ergiamo a grandi giudici, ci sembra di dover andare all’assemblea dell’Onu per decidere i destini dell’umanità.

Questo, però, è un gioco che facciamo durante il periodo autunno-inverno.

Ora è estate e fa caldo, fa molto caldo. E come la Mafia uccide solo d’estate, così il riscaldamento climatico esce dagli schermi e non fa sconti. O meglio li sconti li fa a quelli che possono accendere i condizionatori. Ma per i dibattiti sportivo-politici non c’è stagione. Il vecchio: “piove governo ladro”, vale anche quando non piove. E allora ci dividiamo in due gruppi. Quelli che imprecano contro i negazionisti, perché continuano a non vedere i disastri: il popolo e le verdure che si seccano. E gli altri, i negazionisti, che subito rispondono: “lLestate è sempre stata calda, l’inverno è sempre stata freddo, solo quelli di sinistra non lo sanno”. Di sinistra?

Spiegare che il vero record mondiale di temperatura è dovuto all’aumento della media planetaria da 16,9 a 17,3 gradi centigradi sembra non bucare lo schermo. Forse ha sbagliato l’autore voleva dire 40 gradi. No, proprio 17 gradi, ed è un’enormità.

Ma i numeri che capiamo sono quelli che non stanno dentro lo schermo o nei libri, ma istintivamente quelli corporei, che diventa il metro con cui quelli che non se ne occupano per professione o passione o idealità valutano le emergenze ambientali. Del resto, siamo sempre al centro del mondo, di un mondo in cui la gente, quella vera, non può che pensarla e soprattutto sentirla come noi. I negazionisti si buttano a pesce nel portare in evidenza considerazioni negazioniste di studiosi come Zichichi o del premio Nobel Rubbia, dimenticando che quest’ultimo, ad esempio, è stato premiato per essere riuscito a confermare che i bosoni vettoriali Z+, Z- e W0 mediano l’interazione elettrodebole e che da manager dell’Istituto di ricerca è stato molto bravo, perché, grazie alla sua credibilità, ha permesso di ottenere finanziamenti per le loro ricerche (che non riguardavano il riscaldamento climatico).

Inutile spiegare che studiosi come quelli citati dai negazionisti come veri scienziati, sono considerati tali dai negazionisti perché dicono quello che loro vogliono sentirsi dire e che rappresentano una percentuale piccolissima tra premi nobel e scienziati che, invece, sostengono il rapporto tra impatto dell’antropocene e riscaldamento globale.

Gli altri sarebbero, quindi, tutti babbei, compreso tecnici, politici, industriali che si riuniscono per determinare nuovi piani industriali, nuove opere di mitigazione, nuove politiche. Qualche interesse sotto ci deve essere, sostengono. È molto forte il desiderio di pensare che il mondo sia sempre stato così, di potersi sentire dentro un mondo conosciuto, come antidoto cognitivo ad un mondo che sta accelerando verso orizzonti sconosciuti, con la sensazione inquietante di essere inadeguati, pesci fuor d’acqua. Questo desiderio, però, ti impedisce di vedere che se i parametri di Co2 e temperatura media variano naturalmente, lo fanno in migliaia, se non in milioni di anni e la natura sarebbe davvero curiosa se raddoppiasse e accelerasse questi parametri negli ultimi 10 anni rispetto ai 10 anni precedenti, come è stato rilevato.

Ma, nella parte liberal democratica del mondo, il consenso è fondamentale, in particolare sulle questioni ambientali che sembrano essere alla portata di tutti, ma la crescente scarsa propensione al faticoso impegno all’approfondimento, non permette di disporre di una barriera alla manipolazione politica. E in questo modo non rimane altro che iscriversi ai partiti che suonano meglio il piffero (sempre quello del famoso pifferaio). Con il tragico loop, che una volta introdotta o appoggiata la musica, ad esempio, negazionista per contingenti motivi elettorali, non si torna facilmente indietro, quando mai ce ne fosse bisogno. Va detto, però che la Sindrome di Nimby, cioè la sindrome di: “Non nel mio giardino”, trova negli occidentali, con un passato di colonizzatori ed un presente di sfruttatori di risorse, se non per amore per necessità, un terreno culturale molto fertile.

L’aumento del prezzo del grano, il drenaggio delle risorse idriche delle grandi multinazionali in Africa, in particolari cinesi, con la conseguente tragica siccità diventa per noi un problema di immigrazione, il cui costo minore è quello di mettere dei muri, o aumentare investimenti compensativi. Tutto purché non si cambi il modello di sviluppo. Dall’altra parte, ad oriente, dove è considerato un male necessario per lo sviluppo egemonico, il costo di migliaia di morti, in guerra o nelle repressioni di piazza come Tienanmen, e dove il contributo al miglioramento del reddito ambientale si misura nel passaggio, in Cina, da povertà di livello 1 a livello 2 (classificazione Onu) per una percentuale molto rilevante di persone, quel modello è il migliore disponibile.

Ma, dopo aver fatto un volo con l’immaginazione in Oriente e avere sentito che in India, a fianco di nuovi grattacieli con piscine in ogni piano, ci sono persone che fanno la fila con i loro barattoli per prendere le gocce d’acqua che escono dalle condutture e dove, fino a qualche anno fa si suicidava un agricoltore indiano ogni minuto, personalmente sento un groppo alla gola, nel sentire dire connazionali che scrivono su Facebook che questo caldo c’è sempre stato e che, in fondo, quando si andava in vacanza negli anni 60, si era felici persino senza l’aria condizionata.

 

(19 luglio 2023)

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