di Daniele Santi
“In Italia non serve il salario minimo” perché mica siamo in Unione Sovietica in cui tutti avevano lo stesso stipendio: “Serve un salario ricco”, come dice Antonio Tajani neo capo di Forza Italia in diretta connessione con Marina Berlusconi, ma per FdI non ci sono le coperture, che devono essere finite tutte tra condoni e vitalizi. E, certo, anche nello scialacquare 382 più qualcosina a quelle famiglie che pretendono addirittura di mangiare.
Tajani continua così il suo gioco a vediamo chi è più ragionevole raggomitolandosi dietro sofismi inascoltabili come quello che ripudia il “salario minimo” perché “noi vogliamo fare il salario ricco, frutto della crescita economica del nostro paese e non frutto di decisioni a tavolino che alla fine finiscono per danneggiare il cittadino”, e nel frattempo gli Italiani mangiano sempre meno, mentre aumentano i vitalizi, gli stipendi dei capigruppo e si rinuncia al PNRR le cui opere creerebbero lavoro e quindi ricchezza. Ma non siamo in Unione Sovietica e si deve discutere dell’emendamento che vuole abrogare la proposta di legge sul salario minimo che le destre che vogliono il bene del popolo, vedono come il fumo negli occhi quando c’è nebbia fitta.
Il punto è che mancano i piccioli, non ci sono le coperture finanziarie, perché dato che non lo si voleva, quel salario minimo, le coperture non si sono nemmeno cercate. Poteva anche accadere di trovarle e dopo toccava inventarsi bugie nuove, e Tajani le bugie può cominciare a dirle solo ora, dato che prima aveva al suo fianco un esperto inarrivabile.
Le opposizioni sono furiose proprio come se servisse. Dal M5S si grida che “sul salario minimo legale quello della maggioranza e del governo è un atteggiamento meschino perché si sceglie di azzerare la discussione della proposta di legge delle opposizioni presentando un emendamento soppressivo, ma anche nel merito visto che in Italia ci sono milioni di lavoratori sottopagati”; per il capogruppo del Partito democratico in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, bisogna “ritirare l’emendamento soppressivo” e “approvare della legge sul salario minimo legale. Nessuno e nessuna può lavorare sotto i nove euro, altrimenti è incitazione allo sfruttamento”. Addirittura da Bruxelles tuona la segretaria nazionale del Pd, Elly Schlein: “Di salario minimo è giusto che si parli (…) Il governo di Giorgia Meloni non può voltare la faccia dall’altra parte su una misura su cui, peraltro, i sondaggi dicono che c’è un supporto del 75% delle italiane e degli italiani”. Per Boccia “se la maggioranza insisterà nel suo folle disegno vuol dire che ha deciso di ignorare 3 milioni e mezzo di lavoratori sottopagati e sfruttati”.
Il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra, puntualizza poi la questione URSS, perché ognuno è esperto del suo, dicendo che “non corriamo alcun pericolo di finire in Urss anche perché l’Urss non esiste più da 32 anni. Poi, già che ci siamo, lo inviterei (Tajani, ndr) a leggere il testo della proposta di legge sul salario minimo”. Chiude l’allegra brigata Carlo Calenda: “Tajani ha detto un’imbecillità sul salario minimo, e dimostra di non sapere dati fondamentali, come il fatto che buona parte dei Paesi del G7 lo ha, vuol dire che gli Usa sono come l’Urss?”.
Come vedete sono tutti, dalla maggioranza all’opposizione, interventi di indimenticabili statisti. Tajani, da parte sua, dimentica che il culto del capo era, quello sì, parte della cultura dell’URSS (anche dell’URSS oltre all’intero Patto di Varsavia), ma è un dettaglio.
(18 luglio 2023)
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