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Riflessioni sul Mondo del Lavoro #iolapensocosì

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di Marco Biondi

Analizzando, anche alla luce, dei recenti dati, trionfalistici, diffusi dalla Premier Meloni (mi scuserà se la chiamo “la Premier?”), la situazione attuale del mondo del lavoro nel nostro Paese a me sembra tutt’altro che confortante.

E’ vero che i dati dicono di un numero di occupati cresciuto rispetto al recente passato, addirittura registrando un record storico con un numero mai raggiunto dal 2004 a oggi, ma cosa nascondono questi dati?

Partiamo dai lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato: oggi rappresentano il 63,8% del totale degli “occupati” e hanno registrato un aumento di 464 mila unità rispetto a un anno prima. Ma a questo numero si affianca non solo quello dei contratti termine che rappresenta il 12,8% del totale, ma soprattutto, il 21,4% dei lavoratori indipendenti.

Se il Governo ci vuole raccontare qualcosa di come va il mondo del lavoro, dovrebbe dirci altre cose. Intanto, ci dice cosa sta facendo per quel quinto abbondante di lavoratori senza tutele? E’ vero che nemmeno i sindacati se ne stanno occupando, perché loro cercano tessere e prelievi sindacali e quelli che non ne generano non sollecitano la loro attenzione, salvo generiche affermazioni pubbliche, ma un’economia sana necessita di un mercato del lavoro tutelato e consolidato, e questo è compito della politica.

La destra ora al Governo ha un’occasione imperdibile per sdoganarsi e cercare di guadagnare consensi anche tra chi non gliene ha mai riservati. Mettere mano alla precarietà. Ma non nel senso di “garantire il posto fisso”. A quello nemmeno più Zalone riesce ad ambire. Ma garantire tutele ai tantissimi che oggi non ne hanno.

La famigerata gestione Camusso ci ha privato dei voucher lavoro. Era un modo per normalizzare tantissimi lavoratori, garantendo loro equo compenso, tassato e copertura assicurativa. Ne hanno abusato anche quelli che non ne avrebbero dovuto beneficiare, come le aziende, ma piuttosto che restringere il campo di applicazione a chi ne aveva effettiva necessità, il populismo di sinistra ha scelto di privarsene, e ci ha regalato il ritorno “al nero” a riprova di quanti danni facciano i sindacalisti che fanno politica. E se questo Governo li rimettesse? Non sarebbe una buona cosa?

Ci sono anche delle buone notizie: di oggi finalmente quella che rimette nel giusto campo normativo l’uso dei rider. I ministri del lavoro della Comunità Europea hanno raggiunto l’accordo per il quale il lavoro di rider è da considerarsi dipendente e non più autonomo. Se verranno applicati gli stessi criteri per giudicare se un lavoro è effettivamente autonomo o è subordinato, finalmente riusciremo a fare un po’ di chiarezza. E questo generato dall’Europa e non dal governo di destra.

Il tempo per far prevalere il buon senso potrebbe essere arrivato, soprattutto grazie all’Europa. Non è forse ancora un mercato sufficientemente maturo per sperare di ridurre l’incidenza dei subordinati a termine, ma almeno questi lavoratori sono coperti dalle tutele del lavoro subordinato.

Il jobs act, tanto criticato, continua ad esistere senza aver causato i danno paventati. Pochi licenziamenti – meno di prima dell’introduzione del contratto a tutele crescenti – e vantaggi, tutto sommato, da ambo le parti. Lavoratori e aziende hanno strumenti in più per consentire la riduzione del lavoro a termine e privilegiare quello a tempo indeterminato. Puntare quindi su professionalità acquisite e sulle quali poter investire in formazione, piuttosto che continuare a privilegiare la flessibilità senza far crescere la qualità del proprio personale.

Per osteggiare il Jobs act abbiamo perso una riforma costituzionale che avrebbe finalmente fatto diventare “europea” la nostra democrazia, ma se non altro, quello almeno adesso esiste e può aiutare.

Quello che resta da affrontare è l’infinita e mai regolamentata in modo adeguato pletora di contratti fasulli. Co.co.co, partite Iva, cooperative e vari contratti fantasiosamente irregolari che consentono lavori sotto pagati e senza tutele.

Grande notizia la sentenza che ha recentemente dichiarato anti costituzionale un compenso sotto i quattro euro ora. Quello che ci si dovrebbe aspettare da un Governo serio è un controllo più adeguato sullo sfruttamento, ma mi sembra difficile che possa venire da una coalizione di destra. La sinistra non ne è stata capace. Si è solo concentrata sul rispetto delle formalità, ma è stata incapace di incidere sul vero male. Ancora una volta l’assenza del contributo sindacale è stata grave.

Alla fine, se si riuscisse a mettere mano al mondo del lavoro, forse riusciremmo a incidere anche sul problema più grande dei nostri tempi, almeno da noi: la scarsa natalità. Dare prospettiva e serenità alle famiglie servirebbe molto di più di qualche bonus o mancia a termine, che, per carità, servono e devono restare, ma da soli non possono bastare. Perché solo chi ha una prospettiva economica decorosa riesce a pianificare con serenità nuove maternità.

Altro buco che temo verrà lasciato, ahimè, da questo Governo è la gestione intelligente dei flussi migratori. Sia per la scarsa natalità degli ultimi decenni che per il cambiamento del mondo del lavoro, mancano e continueranno a mancare lavoratori per un’infinità di professioni e mestieri. Le attività produttive non possono restare senza manodopera, e se la forza lavoro interna non basta, bisogna ricorrere all’immigrazione. Spiace che al Governo attuale non piaccia il discorso, ma solo consentendo un’immigrazione controllata e mirata, riusciremmo a dare al tessuto produttivo la forza lavoro necessaria e all’INPS i contributi per pagare le nostre pensioni. Ma se continuerà a pesare di più la propaganda elettorale, questo resterà un problema irrisolto.

In conclusione ci sono notizie anche abbastanza buone, e qualche prospettiva discreta. Per l’ottimismo non è ancora il momento, ma risolvere qualcuno dei problemi irrisolti a causa di un’insufficiente propensione ad adeguarsi al mondo che cambia per privilegiare la comunicazione elettorale, già sarebbe un vantaggio. Tanto, generalmente, quando si va a votare, difficilmente si valuta quanto bene o male ha fatto la vecchia maggioranza, piuttosto si tende a dare credito alle promesse per il futuro. Quindi se anche faranno qualcosa di buono gli attuali partiti di maggioranza, non è detto che poi debbano rivincere al voto tra qualche anno. A meno che non promettano ancora “un milione di posti di lavoro, città più sicure, meno immigrazione, pensioni minime a mille euro”. Chi ha lasciato da poco questa terra si era costruito una carriera politica durata trent’anni senza mantenere alcuna promessa. Perché allora cambiare?

 

 

(12 giugno 2023)

©gaiaitalia.com 2023 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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