di Vittorio Lussana
Stanno arrivando alcuni dati decisamente sorprendenti, relativi all’export delle aziende italiane negli Stati Uniti: incrementi di fatturato che, mediamente, superano il 30%, con picchi d’incremento del 44%. Le nostre stesse aziende sono sorprese: è come se, dopo 2 anni di Covid, gli americani scalpitassero per tutto ciò che produce o, in quale modo, rappresenta l’Italia.
Anche sul fronte turistico, da oltreoceano vi è un afflusso in continuo aumento, mentre noi stiamo sempre lì a guardare i giapponesi che fotografano la pizza o si fanno un selfone insieme al centurione davanti al Colosseo: non c’è solo quella roba lì… L’invasione americana è frutto di un interesse reale, anche per le zone più interne del nostro Paese.
Insomma, il sospetto che il nostro antiamericanismo sia tardo-ideologico è più che fondato: gli americani saranno anche dei bambinoni, ma nutrono un amore verso l’Italia profondissimo. Sì, è vero: fanno le guerre. E molto spesso, fanno quelle sbagliate. Ma il loro amore nei nostri confronti è sincero: siamo noi italiani a essere tiepidi nei loro confronti. Il recente anno di guerra è stato un disastro, per la Russia di Putin. Un errore grossolano, motivato da un paradigma ideologico ancora più assurdo, da gente caduta dal pero, che si accorge solamente oggi di aver sbattuto col culo per terra: mentre precipitavano nel vuoto, evidentemente credevano di volare.
L’invasione dell’Ucraina sta costringendo la Russia a dipendere dalla Cina popolare in tutto e per tutto. Il re è nudo, ormai: e dire che molti ideologi e politici volevano utilizzare proprio la Russia in un’ottica di contenimento dell’espansionismo di Pechino, ribaltando le antiche teorie geopolitiche di Kissinger e Nixon. Due conservatori, tra l’altro. Una cosa che evidenzia l’incoerenza di fondo delle nostre destre. Chissà cosa gli è preso a Frattini e Savoini: una botta di nostalgia nei confronti del marxismo-leninismo? O forse, del totalitarismo generalmente inteso? Boh…
Qualcuno voleva recuperare il principio marxista della lotta di classe, al fine di utilizzarlo come strumento di propaganda: questo lo so per certo. Una sorta di fascio-comunismo che non ha capito la stessa, identica cosa che i comunisti italiani, per lungo tempo, non comprendevano: anche quella era una forma di classismo. Alla rovescia, ma sempre classismo è: una visione totalmente burocratica di società; un egualitarismo puramente di facciata. Chi ancora oggi crede che quel modo di fare politica sia valido, si sbaglia: sono altre le cose che muovono il mondo. Il lavoro delle persone, in particolare. Chi aveva più filo da tessere è andato avanti, punto: c’entrano poco i traffici della mafia russa o le immense risorse del sottosuolo siberiano.
Noi abbiamo un problema di oligopolio differenziato e di globalismo che non abbiamo ben inteso. Ma il percorso di trasformazione dei nostri mercati verso la concorrenza imperfetta, pur tra mille difficoltà, prosegue: è quella la vera via americana, non le guerre in giro per il mondo. Per non parlare della svolta green, prevista dal sottoscritto già nei primissimi anni ’90 del secolo scorso, mentre tutti si perdevano in discussioni sul buco dell’ozono per mero atteggiamento: per far vedere che anche loro leggevano i giornali.
Nella primavera del 1998, mi capitò di intervistare Andrej Graciov, il portavoce e braccio destro di Gorbaciov. E già allora lui mi disse: “Guarda che in Russia è un disastro: saranno costretti a tornare indietro, rispetto alle politiche di Boris Eltsin. E sarà ancora peggio, perché dimostreranno di non aver saputo oltrepassare il ‘guado’ del totalitarismo…”. Aveva ragione lui.
(24 marzo 2023)
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