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La liberazione in Ucraina tra luci ed ombre (e una storia vera)

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di Vanni Sgaravatti

Dopo quanto hanno subito, dall’Holomodor in avanti, agli Ucraini è stata rubata l’anima e senza un’anima e senza una speranza, la corruzione si è diffusa ed è diventata endemica, a partire dai livelli alti, ma sono contemporaneamente emersi tanti eroi senza nome, come, ad esempio, molti medici ucraini che hanno continuato a svolgere egregiamente il loro lavoro, il loro servizio per gli altri con quelle risorse ed in quelle condizioni.

Un ucraino che voleva un posto fisso per assicurare il benessere per tutta la vita alla sua famiglia aveva due possibilità: o entrare in polizia o in dogana. Un amico di un’amica ucraina intervistata, persona onesta e di grandi valori, dopo essere entrato in una delle due strutture, raccontava, con tanta amarezza, che non poteva sottrarsi al sistema delle tangenti, che tutti i dipendenti, ad ogni livello, dovevano prendere e versare a quelli del livello superiore. O si adattava, o se ne andava con l’alternativa della fuga in Europa, sua e della sua famiglia, oppure avrebbe affrontato una grande povertà. Affermava, inoltre, con amarezza e quasi disperazione, che chi denunciava il sistema, si sarebbe trovato in casa persone che puntavano la pistola in testa ai propri figli. La presenza di questo spirito di sopraffazione continua in parte anche oggi, quando una parte degli Ucraini dell’Ovest, da quando è cominciata la guerra, emigrano in Europa, diventano rifugiati, hanno di che vivere, ma affittano a caro prezzo le loro case abbandonate agli Ucraini dell’est che fuggono dalla guerra.

Ed il mare di aiuti occidentali, comprese le armi, viene dirottato, in parte verso il mercato nero, lasciando i soldati ucraini al fronte senza le risorse necessarie a difendersi.

Ma è in questo contesto che nasce, infatti, il misterioso eroe Vanjok di Nikolaiev, l’unico a cui la gente davvero crede, la luce in mezzo alle ombre (così dicono, ndr). E’ molto famoso e anche i bambini conoscono la frase con cui lui diffonde sui cellulari il suo “cessato allarme aereo”: “fate la pipì e andate a dormire”.

La mia amica mi racconta come funziona la raccolta fondi. Apre momentaneamente una pagina web, nel suo sito e ogni tre giorni riporta di cosa hanno bisogno i soldati, prendendo i fabbisogni da fonti delle forze armate: 10 visori notturni per vederci, munizioni, drone con uno specifico modello e cose simili. Vanjok apre un conto alle 8 e lo chiude quando hanno raggiunto un milione di grivna (moneta ucraina) o dopo due ore, ma generalmente lo chiude dopo 4 minuti, perché ha già raggiunto la cifra richiesta. Molti rimangono fuori e si arrabbiano perché non hanno fatto in tempo a dare i loro soldi. Compresi alcuni anziani che vogliono mettere quello che hanno, anche solo un euro o 10 centesimi. Poi, successivamente, il misterioso Vanjok presenta il rendiconto delle spese. Il suo simbolo è un cappuccio senza volto.

I militari conoscono la corruzione e come questa impatta direttamente sulla vita dei propri compagni. Non la percepiscono, come noi, attraverso notizie del telegiornale, suscitando il nostro generico e civile sdegno, ma senza che ne proviamo le conseguenze direttamente. I militari, diventati tali “per amore o per forza”, sanno chi sono i corrotti, sanno cosa stanno facendo e chi fa affari mentre loro combattono per tutti noi ed hanno fatto sapere che, se ora devono combattere i russi per sopravvivere, poi arriveranno anche a sistemare i corrotti.

La guerra ha portato morti, distruzioni, orrori in terra Ucraina. Ha fatto, per contro, ritrovare un senso di unità, coesione e speranza di un paese migliore, che sembrava perduto, pur tra luci ed ombre, da quasi un secolo.

Ora qualche ucraino sta rientrando e non solo per combattere: hanno trovato una nuova casa madre, l’Europa, da cui trarre la speranza di una nuova libertà e nuova democrazia, difendendosi dai russi che vogliono mantenerli nella storica condizione di schiavitù e subalternità, con le uniche alternativa della fuga o della vodka, ma anche proponendosi di combattere contro i nemici interni, forse persino, in parte, loro stessi, che hanno contribuito a tenere tutti nell’oscurità pur di arricchirsi o forse è meglio dire per sopravvivere.

La sanità Ucraina, negli ultimi anni, aveva cominciando a funzionare bene, avevano scelto un apprezzato ministro della sanità di origine americana che l’aveva resa efficace, efficiente ed al servizio di tutti (le luci), anche se i medici ucraini per accaparrarsi risorse, accrediti, posizioni hanno poi alimentato il solito sistema di potere e di privilegi. Chi pagava veniva curato meglio (le ombre); gli ucraini non hanno vissuto le nostre fasi, il degrado dei nostri valori dovuti al capitalismo liberista, della crescita a tutti i costi e della relativa disuguaglianza, con il conseguente sfruttamento ambientale e sociale. Hanno potuto vedere e godere, talvolta, le parti e le cose migliori dell’occidente. È normale immaginare che non condividano lo “Yankee go home” di molti progressisti, il nostro piano Marshall si è esaurito da tempo e pensando alle tante luci e ombre ucraine, mi viene in mente quando mio nonno dopo la guerra, prigioniero in America, si sentiva chiedere: “Voi italiani siete 80 milioni, vero? 40 milioni di fascisti, 40 milioni di antifascisti”.

Noi non siamo stati solo brava gente, poeti e navigatori, però molti di noi hanno lottato per la liberazione; ognuno è in parte artefice del proprio destino e delle proprie sventure.

E, con uno sguardo alla nostra storia, nel personale sostegno alla lotta dell’Ucraina, non corro il rischio di santificarla, come santi non siamo mai stati neppure noi italiani, ma provo un senso di apprezzamento ed interesse per l’esperienza di un popolo, che cerca di liberarsi anche dalla corruzione di cui è responsabile, e che, per questo, potrebbe essere un esempio per noi, che denunciamo i comportamenti corruttivi dal nostro salotto. Ma, nonostante tutti questi mali interni all’Ucraina, la mia amica intervistata sostiene che, se prima della guerra c’erano posizioni differenti sulla Russia ora dopo tanti bambini resi invalidi, morti e torturati per colpa dei russi, moltissimi preferiscono morire piuttosto che esserne dominati. La pace è, però, un bene e un valore da non abbandonare, nel senso di una stella polare, così come lo era anche per i soldati nelle trincee della Prima guerra mondiale come in Vietnam che immaginavano la loro vita, dopo la guerra, con la loro famiglia.

Certo immaginare che l’Europa possa imporre la pace è altrettanto criticabile, quanto esportare la democrazia occidentale con le cannoniere.

Immaginarsi che la guerra in Ucraina sia una guerra per un territorio, inteso come un insieme di campi con una bandiera sopra e che, per questo, qualche italiano possa dire: “ma sì, dategli quegli stramaledetti campi”, significa non capire che nessun campo e nessuna casa vale in sé come oggetto, ma vale per i significati che attribuiamo, in base alla relazione che coltiviamo con loro e che danno un luogo dove vivere in comunità secondo giustizia.

 

 

(20 febbraio 2023)

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