di Paolo M. Minciotti
Scrivevamo qualche settimana fa, quando nacque l’augustissima operazione Calenda-Renzi che il Renzi – geniale, a suo modo – avrebbe lasciato il palcoscenico a Calenda con nome sul logo e fanfara social al seguito, per poi poterlo trombare meglio quando i risultati non fossero stati soddisfacenti. E così mentre Calenda pontifica il suo: “Gli elettori non hanno sempre ragione” Italia Viva si prende 4 dei 5 eletti.
Parrebbe dunque, parrebbe perché tra esponenti geniali si capisce poco, che ora Renzi sia intenzionato a cancellare il nome di Calenda dal logo, almeno secondo quei pettegoli di Repubblica. La coppia non ha fatto sfracelli in Lombardia, è addirittura riuscita ad andare sotto a Donna Letizia Maria Brichetto Arnaboldi quella della “Campagna elettorale troppo corta”, tanto per non farsi mancare nulla.
Così mentre l’uno scrive arguti tweet perché se si è svegli bisogna dimostrarlo ha chi non ha goduto della stessa sorte, ecco l’altro che trova candidati da migliaia di voti; mentre uno ha candidati che arrancano l’altro no; mentre uno grida l’altro tace. Passi lunghi e ben distesi, pare dirgli. Poi ecco il fulmine a ciel sereno dal Terzo Polo sul Terzo Polo che stabiliva condizioni per essere ammessi al cospetto del Calenda: via il nome del Carlo nazionale dal logo, tanto il bypassaggio della raccolta firme è stato fatto.
Stupiti? Per niente. La proposta renziana che oscura il Calenda arriva proprio mentre il fondatore di Azione parla di partito unico. Si chiama dettare le condizioni. Fuori da twitter.
(15 febbraio 2023)
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