di Kishore Bombaci
Il ministro Nordio ha ricevuto piena solidarietà e conferma senza dubbi da parte del Governo e del premier Meloni, il quale ha ribadito ancora una volta che le idee di riforma sono pienamente condivise all’interno dell’esecutivo. Come noto, la volontà del Guardasigilli di rivedere la disciplina delle intercettazioni, ha provocato l’alzata di scudi del PD e del M5Stelle oltre che della magistratura associata e qualcuno ha addirittura promosso una raccolta firme per chiedere le dimissioni del Ministro.
Al netto della propaganda, tuttavia, il tema in questione è serio e deve essere affrontato con cognizione di causa. Non vi è dubbio che l’utilizzo piuttosto disinvolto del mezzo investigativo da parte di alcune Procure italiane, abbia trasformato le intercettazioni da mezzo di ricerca della prova a prova “tout court” soprattutto in procedimenti connessi a quello per cui gli inquirenti erano stati autorizzati. La tutela della riservatezza della corrispondenza è un principio costituzionale sacro e inviolabile, la cui limitazione è sottoposta a riserva di legge e di giurisdizione. Si può violare tale obbligo di tutela solo in determinati casi e a certe condizioni. I parametri dovrebbero essere stringenti e così i limiti temporali in cui si può procedere alle stesse intercettazioni. Non Solo! Vi dovrebbe essere altresì una precisa e rigorosa attenzione circa ciò che costituisce interesse investigativo e ciò che invece è mero gossip penalmente irrilevante, quindi da distruggere quanto prima. Lo stato dell’arte, ahimè, testimonia che siamo ben lontani da tale optimum.
Senza entrare nel merito tecnico tuttavia, osserviamo che, a dispetto di una normativa piuttosto pedante prevista dagli artt. 266 e ss c.p.p., l’applicazione di tali regole lascia ampio spazio all’abuso investigativo, sfociato negli ultimi decenni in “intercettazioni a strascico” da cui emergevano fatti a carico o persone non imputate nel procedimento per il quale si erano autorizzate le intercettazioni medesime ma che si vedevano egualmente utilizzate contro di loro le risultanze captatorie.
In fondo, il principio era semplice: purché si acciuffi il criminale tutto è lecito. E se i metodi tradizionali di investigazione non funzionavano, ecco una bella intercettazione che va a caccia di reati veri o presunti. Il risultato: imputati messi pubblicamente alla gogna salvo poi essere assolti con formula piena ma con vite già rovinate.
Solo la Corte di Cassazione ha tentato recentemente di porre un limite a questo stato di cose con alterne vicende. Di fatto però, il rimedio è sempre a valle (cioè alla fine del processo) ma mai a monte, perciò gli abusi in fase di indagini preliminare sono comunque sempre fioccati. E solo la scarsa dimestichezza con la cronaca giudiziaria di questi anni o la malafede impedisce di vedere la situazione per quella che è.
Sfortunatamente, la deriva giustizialista che sta alla base di questa torsione poliziesca del diritto, ha fatto breccia nell’opinione pubblica sempre più avida di processi sommari e condanne esemplari. Ad avviso di chi scrive, l’abuso delle intercettazioni motivato da esigenze di sicurezza pubblica non è giustificabile sotto alcun profilo. Uno stato in cui tutto è trasparente, è uno stato totalitario, non uno stato di diritto né tantomeno uno stato liberale come molti amano definire il nostro paese. In questo contesto si innesta la disinformazione giustizialista che sta dando addosso a Nordio, reo di voler bloccare le inchieste di mafia corruzione e terrorismo. Niente importa se per questi reati le intercettazioni non verranno toccato minimamente. Un ripasso al codice penale e di procedura potrebbe servire a queste sirene politiche. Niente importa se il Ministro ha chiarito più volte quali sono i limiti entro cui si muoverà in una futura e ancora tutta eventuale riforma. Basta mettere in discussione l’attività del PM e si scatena la caciara.
Se non stupisce per nulla che tale strumentale confusione sia agitata dal Movimento 5 Stelle che ha costruito la sua fortuna politica sulla contiguità a certe procure, stupisce che il Partito Democratico abbia scelto di schiacciarsi su simili posizioni forcaiole e manettare. E dire che molti esponenti del PD sono stati toccati direttamente dagli abusi investigativi che, spesso risultati innocenti, hanno visto la loro carriera politica morire sotto una coltre di fango.
Ma oramai, quel che conta, è recuperare una identità populista che all’alleato prezioso ha portato bene per un quinquennio.
E che dire poi della contiguità con alcuni media che stranamente avevano a disposizione testi di intercettazione che secondo legge andavano distrutte? Di chi è la manina che passa ai giornali tale materiale? Ma come detto, la pubblicazione illecita è solo una parte del problema e coloro i quali si attaccano a questo aspetto trascurando l’anarchica disciplina e utilizzo delle intercettazioni, scelgono di guardare il dito e non la luna (secondo il celebre proverbio). Utile forse a lavarsi le coscienze di finti garantisti, ma senz’altro inutile per risolvere il problema.
Al contrario, chi scrive rimane ancora convinto che uno Stato schiacciato sulle esigenze dei PM (le cui legittime istanze non sono toccate in alcun modo) è uno Stato di polizia. Abdicare alla propria funzione garantista per inseguire veri o presunti colpevoli assomiglia alla Russia di Stalin non a quel che avevano in mente i nostri padri costituenti. Pertanto, trattasi di deriva che va assolutamente fermata riportando il sistema al proprio equilibrio completamente sbilanciato per effetto di una magistratura forte e di una classe politica sempre più debole. Ecco perché chi si definisce liberale (spesso abusando di questo termine) quindi non può che essere con Nordio, senza se e senza ma. Anche se i toni a volte possono infastidire.
(23 gennaio 2023)
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