di Giovanna Di Rosa
Nonostante i toni maschi della presidente del Consiglio il cui piglio pubblico è sempre quello del condottiero senza macchia e senza paura che le canta chiare al mondo, dall’alto della sua onniscienza, le cose non vanno proprio come il maschio tono vorrebbe far supporre, perché c’è differenza tra fare le cose e convincere (convincendosi) di averle fatte.
Se si osserva l’agire del governo Meloni si noterà che non c’è misura presa sulla quale non abbiano fatto marcia indietro; non c’è decisione governativa che sia frutto di riflessione, si limitano a riscrivere e a cambiare nome a ciò che c’era prima e quando sono costretti loro malgrado a scrivere qualcosa di nuovo, leggasi legge di bilancio, non la sanno scrivere e devono tornare sui loro passi per rimediare a loro stessi.
L’impresa è ardua, diremmo quasi impossibile. I partiti personali gestiti dai padroni di quei partiti, imprenditori di loro stessi oltre che leader politici, non ci pongono il problema della classe dirigente; sono accecati dall’ambizione e quindi si circondano di pochi e fidati componenti il loro cerchio magico (non ce l’aveva solo Renzi). E si fregano da soli perché essere fidato non significa esattamente essere capace. E poi si riscrivono le norme, si correggono le dichiarazioni, si smentiscono gli integralismi neofascisti, si insulta la stampa, si parla di fake-news e al colmo dell’innovazione [sic] ci si arma di agenda con stellina e si fa il proprio show della domenica su Facebook.
Così si raccontano le marce indietro del governo che guarda avanti tornando indietro.
(13 dicembre 2022)
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