di Giancarlo Grassi
Piglio incavolaticchio ma istituzionale, vestito rosso a tema, poca disponibilità a discutere con chi le muove critiche e una manovretta (fra sei mesi ce ne dovrà essere un’altra, forse anche più urgente, volete scommettere?) che risolve poco, scontenta molti – e molti anche tra i suoi – e dice, in soldini, a Salvini chi è che comanda nella coalizione.
Trentadue miliardi di manovra, dei quali ventuno vanno alla questione caro-energia (e Gazprom annuncia altri stop, perché ci tengono d’occhio per bene), una manovra che ha i minuti contati non per il valore, poco, che ha, ma perché nella storia della Repubblica mai si è insediato un governo ad ottobre e Meloni ha pochissimo tempo prima dell’esercizio provvisorio. In una manovra discussa con più calma e più tempo per valutarne gli effetti il governo Meloni avrebbe avuto tempo per fare peggio. In conferenza stampa, che abbiamo trasmesso anche da queste pagine, Meloni ha molto parlato, ma non di futuro: non ha sfiorato il tema recessione, né il tema sviluppo (perché non sa nemmeno lei cosa succederà domani né dopo) e pur nella sobria serietà scelta per la comunicazione istituzionale si capisce che non solo la coperta è corta, ma il clima d’incertezza non lascia spazio che alla propaganda.
E lei la propaganda la sa fare. Per la valutazione sulla sua presidenza del Consiglio bisognerà aspettare. Di certo la manovra della presidente del Consiglio non è economica, è politica. E guarda tanto a Salvini quando al PD che si agita troppo per dare l’impressione di avere le idee chiare.
(22 novembre 2022)
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