di Vittorio Lussana
Il Governo Meloni, nel giro di poche settimane si sta già avvitando attorno alle sue logiche più provinciali e illusorie. Presto vedremo anche le sue prime misure economiche, le quali già ora appaiono alquanto ininfluenti rispetto alla vera domanda che sale dal Paese: più lavoro e una crescita decisa dello sviluppo, in grado di liberare nuove energie e rinnovare un panorama complessivo e professionale alquanto cristallizzato, in molti settori e professioni. Tutte cose che non è detto che avvengano: sarà già molto se riusciranno a contenere la recessione.
La speranza di un rasserenamento del clima sul fronte europeo, verso il quale sono già emersi alcuni spigoli sovranisti che hanno smascherato l’inattualità e il ritardo culturale del centrodestra italiano nel suo complesso, potrebbe inoltre garantire la prosecuzione degli aiuti economici previsti dal Pnrr: perdere quei fondi per andarsi a impiccare attorno a questioni tanto ideologiche, quanto propagandistiche, come quella dell’immigrazione, rischia di rivelarsi in un autogoal clamoroso, che verrebbe pagato dall’intera nazione.
Lasciarsi zavorrare da questioni come quella migratoria, visto anche il bisogno di ripopolazione del nostro Paese, dimostra pienamente il velleitarismo di alcune formule di rilancio della natalità e di maggior tutela della famiglia tradizionale all’interno della società. Pur ritenendo parzialmente corrette alcune analisi, i nostri ceti conservatori sono giunti con grave ritardo innanzi alla questione demografica. E ciò resta un limite sia delle destre italiane, sia di un intero pezzo del popolo italiano, che sembra convinto di poter reagire a tali problemi tramite strappi e rimozioni. Si tratta, purtroppo, di questioni a cui bisognava rispondere prima. Accelerando, per esempio, la fine del ciclo berlusconiano, al fine di tentare nuovi approcci liberal-popolari. Ciò non è stato né capito, né voluto: amen.
Sia come sia, le previsioni di decremento della popolazione italiana sono impietose: senza l’apporto degli immigrati non si riuscirà minimamente a contenere un declino numerico e un tasso d’invecchiamento medio dei cittadini, che possiamo ormai considerare come dati inesorabili. Per non parlare del nostro sistema di welfare, che rischia di saltare completamente. Sono notizie infauste per le destre italiane, ma il vero giornalismo ha esattamente questo scopo: dare brutte notizie. Non avvertire la popolazione dei rischi di estinzione che stiamo correndo, a cui si può rispondere solamente con un rimescolamento multietnico, significa decretare una vera e propria condanna a morte dei cittadini e delle nostre culture più tradizionali. Al contrario, se ci si ferma solo alle buone notizie, si fa un cattivo servizio agli italiani, illudendoli con false speranze.
E’ vero: si potrebbe parlare d’altro, dissimulando una nuova fase di leggerezza e di distensione dialettica. La quale, tuttavia, potrebbe rappresentare, fondamentalmente, una trappola per le destre italiane. Non si pensi che l’attuale fase di polarizzazione e di forte critica sia motivato da fattori di antagonismo ideologico, come accaduto in passato. Si potrebbe anche alleggerire lo scontro dialettico e provare a percorrere sentieri di definitiva pacificazione. Tuttavia, ciò potrebbe anche rivelarsi una slealtà ancora peggiore. Meglio dirsi le cose come stanno, apertamente e senza inutili infingimenti: la bussola del percorso demografico italiano, pur nel tentativo di contrastare anche da sinistra ogni forma di sostituzione etnica tout court – un orizzonte che non appartiene affatto alle culture progressiste, bensì a quelle neo-liberiste, impostate su un’offerta dei beni di consumo puramente edonistico e individualista – prevedono, in ogni caso, un processo d’integrazione multietnica che non si può rimuovere, né impedire forzosamente. Le destre italiane, in merito a questo tema, si sono svegliate troppo tardi. E bisognerebbe che, un bel giorno, qualcuno lo ammetta, poiché si tratta di errori che possono capitare a tutte le forze politiche. C’è sempre qualcosa che sfugge. E certi errori, in politica, sono un qualcosa di inevitabile. Non è colpa di nessuno: siamo esseri umani, dunque fondamentalmente limitati.
Viceversa, la sinistra deve tornare a riunificarsi, abbandonando ogni progetto di leadership carismatica – che potrebbe confondere più di qualcuno, lasciandoci immersi nel populismo della società liquida – pur lasciando riemergere alcune singole abilità all’interno di un quadro di ripartizione organizzativa dei vari temi e dei distinti ruoli delle forze progressiste; le destre, al contempo, dovrebbero tentare lo sforzo di maturare definitivamente, liberandosi da un certo infantilismo ideologico che, ancora oggi, le pervade pienamente, conducendole verso esperienze di breve durata, come dimostrato dal meteorismo di alcune leadership, come quella dell’austriaco Sebastian Kurz e dello stesso Donald Trump.
Anche il Partito repubblicano americano, in effetti, all’improvviso si è ritrovato di fronte al problema di una propria rielaborazione culturale e dottrinaria, a cui affiancare l’emersione di leadership innovative e facce nuove.
(12 novembre 2022)
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