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Il “Reato di Rave” o della “palla al balzo”

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di Giancarlo Grassi

Mai occasione insignificante è stata acchiappata al volo con tanta rapidità per stabilire intenti e delimitare un territorio, con l’augusta complicità di tutta una corazzata di reti televisive che invece di occuparsi di ciò che c’è si inventano disgrazie sul nulla. Il governo della presidente Meloni sul nulla c’ha costruito un reato: è il “reato di rave”, utilissimo strumento atto ad impedire che le scorribande neofasciste e nostalgiche di Predappio, ad esempio, vengano indicate per quello che sono: pericolose scorribande neofasciste a nostalgiche. Dunque perché occuparsi di simili stupidaggini o di altre, ancora meno importanti, come gli affarucci di certe compagnie di ultras da stadio?

Così mentre Tajani si indigna ad uso di quello che il suo capo chiama centro, e che sta a metà tra la destra leghista e la destra meloniana, ergo non è centro, al grido di “non possiamo correre intercettare i ragazzini” (ma certamente se ne può plasmare la mente, ndr), mentre l’eco della prima scorribanda del governo Meloni dentro il cerchio delle libertà individuali fa temere che non sarà certo l’ultima, ci si chiede a cosa serva costruire un reato su una roba come un rave che accadrà una volta all’anno quando va loro bene e che continuerà ad accadere nonostante il reato, se non a mostrare il pugno di ferro di una governo-sceriffo?

Serve a far calare la tensione sugli attacchi prossimi venturi allo stato sociale: via il reddito di cittadinanza, via gli aiuti di stato ai disoccupati. L’uomo che gioiva per il reddito di cittadinanza sui balconi dove Di Maio mostrava i pugnetti ora ha cambiato idea avendo scoperto che la sospensione per “sei mesi” del “reddito di cittadinanza a chi può lavorare si ricava oltre un miliardo per finanziare Quota 41”. Per Salvini sei mesi sono un tempo sufficiente perché i conti dello stato sono una cosa, le misure d’emergenza ad uso propagandistico alla ‘ndo cojo cojo una regola politica.

La statista di tutte le destre da Palazzo Chigi ritiene che il Reddito fosse “una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia”, filosofia spicciola, ma si rende conto di dovere “mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili non in condizione di lavorare”. Retorica da mercato rionale per un’azione politica delle  più nobili: trovare i soldi per accontentare Salvini e il suo sogno di Quota 41. La cauta presidente del Consiglio vagheggia così di una misura di “sussistenza” per i fragili da affidare ai Comuni, ma anche di tagli anche agli assegni Naspi. Poi dice il contrario. Per ora si gode il trionfo del “reato di Rave” perché tanto lei dalla robaccia tipo “Predappio” è “distante”.

 

 

(1 novembre 2022)

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