di Vittorio Lussana
L’Italia avrà presto il suo nuovo governo clerico-fascista. Non c’è nulla di cui spaventarsi, innanzitutto: che il Paese stesse degenerando e fosse privo di strumenti antropologici per giudicare in maniera equilibrata la propria classe politica, divenuta palesemente scadente, era un dato ormai evidente da tempo. Persone perbene come Romano Prodi, tanto per fare un esempio, continuavano a essere criticate per le loro scarse capacità comunicative, perché un marketing abituato da sempre a ricattare i ceti popolari, aveva da tempo perduto ogni riferimento con la classe media. Anzi, non sapeva neanche cosa fosse già negli anni ’80 del secolo scorso.
Illuminanti, in tal senso, i vari giudizi che circolano intorno alla figura e alla persona di Giorgia Meloni, da molti definita: “Una borgatara”. Una grave esagerazione dispregiativa: le borgate sono quei quartieri che si sono uniti alla città di Roma dopo le speculazioni edilizie degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. E far passare il concetto che la tanto rimpianta Democrazia Cristiana abbia governato il Paese in totale continuità con il fascismo, rimane un boccone assai difficile da ingoiare. Invece, le cose stanno esattamente così. Una borgata, per esempio, era Acilia: classico esempio di ceti popolari scaraventati in una sacca malarica durante gli anni delle bonifiche pontine, storicamente divisa dalla capitale da circa una dozzina di chilometri di verde brado. Una borgata sorta nel 1924 per opera del fascismo, che obbligò alcune migliaia di cittadini a stabilirsi in quella che, allora, non era neanche una borgata, bensì una vera e propria palude.
Dopo la caduta del fascismo non cambiò, praticamente, nulla: i terreni immediatamente a ridosso della capitale vennero inglobati e venduti a peso d’oro tramite il sistema delle plusvalenze, allargando la cerchia urbana a macchia d’olio senza alcun tipo di piano regolatore e senza alcun criterio di destinazione d’uso. Concezioni urbanistiche introdotte solamente nel 1962 dalla prima Giunta comunale di centrosinistra, che finalmente riuscì a porre fine ai lunghi anni di grigiore centrista.
Se Dio, Patria e Famiglia tornano di moda non è colpa di Giorgia Meloni. Se abbiamo persone che saltano una banchina ferroviaria per andare a picchiare due ragazzini che si stanno baciando, ciò è colpa dell’ipocrisia cattolica, che non ha fatto nulla per sostituire Dio, Patria e Famiglia con altri valori quali la solidarietà, la ragionevolezza razionalista, l’altruismo umanistico. Nemmeno in una chiave missionaria, se vogliamo.
Insomma, Giorgia Meloni è di origini popolari, non “una borgatara”. La Garbatella è un quartiere storico di Roma, situato sulle colline che sovrastano la basilica di San Paolo. Siamo fuori dalla cerchia della città vecchia, indubbiamente, ma ancora in un quartiere immediatamente a ridosso del centro, collocato all’inizio di quel viale Cristoforo Colombo che lo congiunge sino all’Eur. Sull’altro lato del viale c’è Tor Marancia, il rione originario di Agostino Di Bartolomei che già si potrebbe considerare una borgata, ma che ha sempre avuto la fortuna di essere il primo quartiere in uscita verso la direttrice sud della città, come Talenti per la parte nord-orientale della metropoli capitolina. La Garbatella è una zona pienamente all’interno all’area comunale romana. Ed è assai meno periferica dell’Eur, che invece mantiene, per questioni di razionalismo architettonico, una propria dignità borghese. Ma in realtà, proprio l’Eur è un quartiere geograficamente assai più periferico rispetto alla Garbatella, la quale confina a nord con il centralissimo Testaccio, a est con l’Ostiense e, a sud-ovest, con Tor Marancia. Ed è anche, tra l’altro, il quartiere che ospita la sede della Giunta regionale del Lazio.
Il vero giudizio antropologico da far comprendere agli italiani non romani sarebbe un altro: Giorgia Meloni proviene da un ambiente politico che, ancora oggi, la caratterizza moltissimo. Si tratta di un nucleo di persone che hanno la passione politica nel sangue – cosa che li ha sempre accomunati ai comunisti – il cui presupposto filosofico di principio è tipicamente idealista, dunque hegeliano. Si tratta di una tipologia culturale ben distinta sia dal socialismo assembleare rousseauiano’, sia da quello materialista gramsciano.
Quel che c’è di buono in Giorgia Meloni è il fatto che sì, ella proviene dal basso, cioè dai ceti popolari, ma proprio queste sue origini le hanno offerto motivazioni psicologiche e una grinta operativa molto particolare, finalizzata a far riemergere lo spiritualismo hegeliano alla luce del sole. Un percorso complesso e tortuoso, carico di insidie. Giorgia Meloni ce l’ha fatta perché appartiene a un ceto sociale che porta sempre frutti e risultati grandiosi. Soprattutto, quando dimostra di saper porgere l’orecchio ai consigli disinteressati; soprattutto, quando si riconoscono i valori e le ragioni più profonde dell’avversario politico. Noi romani progressisti lo sappiamo perfettamente che una post fascista non ci darebbe mai ragione su nulla, in apparenza. Per non darci soddisfazione. Ma proprio per questo sappiamo tenere a mente che si tratta di una ragazza in grado di riflettere con la propria testa, soprattutto quando si trova in fase di ricezione, tanto per usare un termine da vecchio telescriventista dell’Esercito italiano. Perché Giorgia Meloni sa benissimo che i rapporti di amicizia possono travalicare gli steccati ideologici. Anche quando l’amicizia è una semplice simpatia a distanza.
Giorgia Meloni non solo non è “una borgatara”, ma è una donna molto intelligente, che sa distinguere e valutare le persone a prescindere dalla loro provenienza ideologica. Dunque, pur dall’opposizione, siamo tenuti tutti quanti a comportarci meglio che possiamo. Tutti quanti. Non si tratta di un nemico di classe: si tratta di una donna proveniente da destra che ce l’ha fatta. Un fatto che, un giorno, poteva accadere. E infatti, quel giorno è arrivato. Non trattatela a pesci in faccia, anche se non è de core come Anna Magnani, né possiede la simpatia di Monica Vitti: è un’altra tipologia di donna, che dobbiamo saper giudicare con parametri diversi dal solito, senza classismi, né arroccamenti ideologici moralmente sleali.
Le destre italiane stanno anch’esse cercando di emergere dal loro passato. E proprio noi laici e progressisti siamo tenuti a legittimare anche con un po’ di commozione questo fenomeno. Anche per dimostrare alle destre – e non solo a esse – che la solidarietà e la razionalità sono i veri valori etici su cui rifondare la società. Perché i concetti e le idee valgono più delle passioni e delle sensazioni spesso e volentieri errate, poiché frettolose e superficiali. Perché la passione è un ingrediente che va dosato e controllato. Come nelle ricette di cucina. Una passione quanto basta.
(21 ottobre 2022)
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